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Verso il razionamento dell’energia?

   
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Le persone di mezza età e i più anziani ricordano che qualche decennio fa non era possibile ad esempio fare il bucato durante l’orario di mezzogiorno, cioè quando molte persone rincasavano per il pranzo e cucinavano, utilizzando appunto molta energia. Tutti sono sopravvissuti a questo “razionamento” dell’energia.

Ma quello che sta accadendo ora è cosa ben più grave. L’attuale shock energetico è infatti il più grave dopo la crisi petrolifera degli anni settanta del secolo scorso. Anche qui, qualcuno ricorderà certamente le dodici domeniche senz’auto, che trasformarono la mobilità delle nostre città durante un periodo di tempo tutto sommato limitato.

Oggi ci troviamo invece di fronte a uno scenario di sempre più probabile razionamento durevole dell’energia. A causa dei prezzi elevati dei combustibili e dell’elettricità, la maggior parte dei paesi affronta una crescita economica piuttosto limitata, inflazione in rapida crescita e dunque una riduzione del potere d’acquisto dei cittadini. Le previsioni economiche allo stato attuale considerano una riduzione dell’inflazione e dei prezzi dell’energia nel 2023, ma in realtà quanto sta succedendo disegna uno scenario energetico destinato a cambiare almeno parzialmente il volto della nostra società e dell’economia.

Verso il razionamento dell’energia

A breve e fors’anche a medio termine, è immaginabile che gli Stati soprattutto nel periodo invernale debbano mettere in atto degli scenari di razionamento dell’energia. I cittadini dovranno assumersi le loro responsabilità modificando le abitudini di vita, ad esempio riducendo la temperatura nei locali della propria abitazione. I governi sono confrontati ad un dilemma molto difficile, perché da un lato devono combattere le conseguenze economiche del razionamento dell’energia, mentre dall’altro lato devono raggiungere gli obiettivi di protezione del clima che si sono dati. Dalla loro capacità di trovare una soluzione che rispetti i diversi obiettivi dipende di fatto il mantenimento di una sufficiente qualità di vita della popolazione.

Per il momento le risposte di molte nazioni sono dettate dall’emergenza e dall’urgenza. La Russia ha iniziato a ridurre del 50 % il flusso di gas lungo il gasdotto Nord Stream 1 e i prezzi sono aumentati del 50 %. Gli americani stanno pagando 5 dollari un gallone di benzina, cioè circa 1,25 euro al litro. Da loro l’inflazione è dell’8 %. Per coprire il mancato arrivo di energia dalla Russia si fa affidamento sulle centrali a carbone e si aumenta la produzione di gas liquido. Gli Stati Uniti chiedono ai paesi arabi di aumentare la produzione di petrolio. E’ evidente il rischio di procrastinare oltre la già delicata data del 2050 tutti gli obiettivi di riduzione dell’inquinamento che molte nazioni si sono date.

Verso il razionamento dell’energia_2

Non tutto il male viene però per nuocere. E’ vero, per raggiungere il livello delle emissioni nette zero entro il 2050, secondo l’Agenzia internazionale per l’energia bisognerà raddoppiare gli investimenti a 5 trilioni di dollari l’anno nel mondo. Ma oltre al fatto che è necessario investire massicciamente sulle energie rinnovabili, sempre meno costose, bisognerà puntare decisamente sull’energia prodotta attraverso il sole migliorando la capacità di stoccaggio. Anche il settore idroelettrico ha spazi di aumento della capacità produttiva. La ricerca sull’energia nucleare spinge verso la creazione di impianti di minori dimensioni ma più efficienti, che diano garanzie contro gli incidenti e nuovi modi di immagazzinare i rifiuti. Può fornire un contributo importante sia il gas naturale sia l’idrogeno estratto dall’acqua tramite energia rinnovabile o dal gas naturale tramite il vapore.

La crisi innescata dalla pandemia prima e dal conflitto bellico in Ucraina poi segna uno spartiacque forse decisivo: o andiamo incontro a una catastrofe energetica, oppure troveremo davvero un equilibrio tra approvvigionamento e salvaguardia del clima.

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