Anche sul posto di lavoro possono sorgere problemi psicosociali, come per esempio lo stress e il mobbing. Si tratta principalmente di aspetti sfavorevoli legati all’impostazione del lavoro e all’organizzazione nonché alle relazioni sociali e alle caratteristiche degli spazi aziendali.
Durante una giornata lavorativa, il dipendente viene esposto a numerose sollecitazioni psichiche e fisiche. Le sollecitazioni fisiche sono le più evidenti e possono andare dal trasporto di pesanti carichi a una semplice postura scorretta. Quelle psichiche, invece, sono più nascoste eppure, spesso, più alteranti. Il datore di lavoro dovrebbe impegnarsi per garantire condizioni di lavoro non logoranti, ma favorevoli al lavoro del dipendente e al suo benessere psicofisico. Il Dipartimento federale dell’economia, della formazione e della ricerca ha identificato due possibili scenari di situazioni lavorative logoranti:
1. Richieste eccessive nei confronti della normale efficienza, che portano ad un’eccessiva sollecitazione del lavoratore;
2. Richieste incompatibili con le capacità e le abilità del lavoratore.
Situazioni logoranti di questo tipo possono essere causa di forte stress e addirittura portare il dipendente fino al burnout o ad ulteriori malattie.
Per garantire il benessere dei propri collaboratori, il datore di lavoro deve stare attento ad adeguare le mansioni lavorative, tenendo conto delle capacità, delle conoscenze e dell’esperienza di ciascuno di essi. Le attività devono essere variate, avere un senso riconoscibile anche dal dipendente e rendere possibile la sua crescita personale e professionale. Ma anche il contesto vuole la sua parte e così il datore deve garantire la collaborazione, coinvolgere attivamente i dipendenti nell’impostazione del lavoro e nel definire gli obiettivi, promuovere il sostegno sociale.
La parola magica sembra dunque prevenzione. La prevenzione di situazioni spiacevoli a livello psicofisico è fondamentale in qualsiasi contesto aziendale. Bisogna anche saper riconoscere per tempo eventuali problemi, osservando con attenzioni alcuni indicatori come le assenze, il ricambio del personale, l’aumento degli scarti di produzione, i reclami (da parte di collaboratori, fornitori o clienti), le ore straordinarie, i saldi elevati di ferie non godute, le informazioni risultanti dai sondaggi tra i collaboratori.
È bene individuare anche comportamenti e prestazioni sospette come la mancanza di motivazione, di apertura e di novità, lo scarso interesse in una formazione continua o per eventi sociali dell’azienda, la bassa concentrazione, il verificarsi di contrattempi, gli umori e i modi di fare irritabili o nervosi, la stanchezza e l’esaurimento, gli orari di lavoro molto lunghi (spesso più di 9-10 ore). L’azienda ne guadagna soprattutto in termini di efficienza e produttività, ma anche fidelizzando i propri lavoratori, e di conseguenza evitando ad esempio i costi di recruitment e di formazione dei nuovi dipendenti.
Anche in termini legali, il datore deve avere occhi vigili per prevenire problemi psicofisici di qualsiasi suo collaboratore: il rispetto di questa disposizione viene infatti verificato dall’ispettorato del lavoro e i rischi psicosociali che possono nascere tra i dipendenti costituiscono attualmente un tema prioritario degli organi d’esecuzione della legge sul lavoro.