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Sotto le soft skills lavora un potente hard ware

   
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Sull’onda della sempre crescente curiosità rispetto ai meccanismi che regolano il comportamento umano, le neuroscienze stanno conoscendo un’evoluzione rapidissima. Uno dei campi in cui lo sviluppo è particolarmente interessante è quello del funzionamento delle nostre emozioni, in relazione con la produzione di ormoni. Gli ormoni svolgono infatti un ruolo cruciale nella regolazione di numerose funzioni non solamente fisiologiche, ma anche comportamentali, e influenzano profondamente la nostra vita affettiva.

Tutte le competenze necessarie a gestire le relazioni con le persone (le cosiddette “soft skills”) hanno alla propria base un’attitudine che chiamiamo “empatia”, ossia la disponibilità, e la capacità, di comprendere le emozioni degli altri. Comprendere sempre meglio il funzionamento delle dinamiche ormonali si rivelerà molto prezioso per sviluppare la nostra empatia. Vediamo perché.

Le nostre emozioni fondamentali (paura, rabbia, disgusto, disprezzo, tristezza, gioia, sorpresa) si originano dall’interazione tra gli stimoli esterni e i nostri sensi. Queste interazioni generano complessi meccanismi chimici nel nostro corpo. Rielaborati dal cervello, questi messaggi chimici forniscono alle emozioni una valenza sempre più soggettiva, sociale e culturale. Si sviluppano così le cosiddette “emozioni secondarie” come invidia, vergogna, ansia, gelosia, perdono, offesa, nostalgia, allegria, rimorso, delusione, speranza, eccetera. Queste emozioni si fissano con diversi equilibri in ciascuno di noi e, persistendo nel tempo, formano la nostra esperienza emotiva, che è infine il terreno su cui si formano l’insieme dei nostri sentimenti e il complesso mondo della nostra affettività.


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Il “mondo affettivo” sarà diverso per ognuno di noi, proprio in ragione delle combinazioni uniche con cui si sono mescolati in noi le reazioni agli stimoli esterni, le emozioni fondamentali, quelle derivate, e infine le esperienze e i sentimenti che da esse si sono evoluti. Ognuno di noi risponderà perciò alle situazioni in modo differente, producendo e gestendo cocktail diversi di ormoni. Tra i quali però gli studi recenti permettono di cominciare a individuare delle costanti.

Per esempio: il cortisolo è un ormone che viene rilasciato dalle ghiandole surrenali. Questo ormone è essenziale per garantire le nostre reazioni in situazioni di emergenza, e provoca effetti sul corpo tali da renderlo efficiente nell’affrontare combattimenti o fughe da pericoli. Tuttavia, esso viene anche chiamato “l’ormone dello stress”, perché se viene rilasciato in eccesso, o con eccessiva regolarità, può contribuire a provocare disturbi come l’ansia e la depressione.

Secondo John Gray, psicologo e saggista americano, il cervello maschile e quello femminile hanno sviluppato strategie differenti per compensare un eccesso di cortisolo. Pare che queste diverse reazioni siano legate all’attivazione, in situazione di stress, del lobo parietale sinistro nell’uomo, e di quello destro nella donna. Secondo Gray, gli uomini riescono ad abbassare il proprio livello di cortisolo producendo adrenalina, ormone prodotto dalle ghiandole surrenali, che aumenta il battito cardiaco nel sangue, il flusso sanguigno ai muscoli e provoca aumenti del livello di energia; e testosterone, rilasciato dai testicoli, che è associato ad atteggiamenti di aggressività ma anche di motivazione alla risoluzione dei problemi. Le donne, invece, abbassano il proprio livello di cortisolo attraverso la produzione di ossitocina, prodotta dall’ipotalamo e rilasciata dalla ghiandola pituitaria. L’ossitocina è anche spesso chiamata “l’ormone dell’amore” e gioca un ruolo cruciale nelle relazioni sociali, nell’attaccamento e nell’amore materno. Viene rilasciata per esempio durante il contatto fisico, durante il parto e l’allattamento. Le risposte alla paura, ma anche allo stress, all’ansia e alla depressione nell’uomo e nella donna sarebbero pertanto dovute a differenti meccanismi fisiologici, le cui “traduzioni emotive” potrebbero chiarirsi alla luce di studi sempre più approfonditi. Una migliore conoscenza di queste dinamiche potrebbe fare luce su molti dei malintesi che le persone sperimentano, per esempio, nella vita di coppia.

Se i risultati di questo e altri studi dovessero dimostrarsi validi e affidabili, potremmo a breve disporre di nuovi strumenti per verificare gli eccessi di livello ormonale nella saliva o nel sangue; diagnosticare gli stati d’animo associati a questi squilibri, e progettare le migliori strategie, anche medicinali, per riequilibrarli.

Nell’attesa, i comportamenti consigliati in caso di stati emozionali squilibrati sono quelli che in molti già conoscono: mantenere un ritmo di vita regolare, sforzarsi di tenere un ritmo adeguato di sonno e veglia e svolgere attività fisica, possibilmente aerobica.

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