Anna ha 14 anni, frequenta la terza media e, come molti suoi compagni, inizia a sentire il peso di una domanda che ormai le rimbalza in testa da settimane: cosa farò dopo la scuola? Non ha le idee chiare, ma una cosa la sa: le piacciono le cose concrete, usare le mani, capire come funzionano gli oggetti. Un giorno, durante una lezione di orientamento, ne parla con il suo docente. Lui le propone uno stage da polimeccanica, una professione che unisce tecnica, precisione e creatività. Anna non ha mai sentito quel termine, ma qualcosa le si accende dentro. Decide di provarci.
Anche a casa la decisione viene accolta con curiosità e sostegno. I suoi genitori la incoraggiano a esplorare, a non avere paura di mettersi in gioco. “L’importante è che tu possa vedere con i tuoi occhi e sentire se ti piace davvero,” le dice la mamma. Il papà, che lavora in ambito tecnico, sorride: è felice che Anna voglia conoscere una realtà concreta, fatta di progetti e manualità. Il loro supporto le dà sicurezza. Non si sente sola: sa che, qualunque cosa decida, potrà contare su di loro.
Qualche settimana dopo entra per la prima volta in un’officina meccanica. L’azienda la accoglie con un sorriso, e le presenta subito la formatrice che l’accompagnerà per i due giorni di stage. Anna è emozionata: tutto è nuovo, ma sente che quel mondo la incuriosisce. Indossa il camice, impara le prime regole di sicurezza, si affaccia sulle macchine utensili. Il rumore dei torni, l’odore del metallo, la concentrazione dei colleghi: tutto la colpisce.
La sua giornata tipo inizia alle 8: piccola riunione con personale del suo reparto, poi via in laboratorio. Le mostrano come si leggono i disegni tecnici, come si programma una macchina a controllo numerico computerizzato CNC, come si misura un pezzo al decimo di millimetro. Anna osserva, fa domande, prende appunti. Poi, con la supervisione della responsabile, può anche provare. Monta un piccolo pezzo, lo lima, lo controlla. Quando vede il risultato tra le mani, si illumina.
A pranzo, mangia in mensa con il suo gruppo. I collaboratori le raccontano le loro esperienze, le parlano delle diverse possibilità dopo l’apprendistato, della formazione continua, delle sfide e delle soddisfazioni. Anna ascolta tutto con attenzione. Si sente trattata da adulta, e questo le piace. Alla fine della seconda giornata, torna a casa con un quaderno pieno di note e un’idea chiara in testa.
Quel mondo che le sembrava lontano ora ha un volto, dei suoni, una sua logica. Ha capito che fare la polimeccanica non è solo “lavorare con i metalli”, ma partecipare alla creazione di qualcosa di utile, concreto, ingegnoso. E ha capito soprattutto che quel mestiere, fatto di tecnica e passione, potrebbe essere davvero il suo mestiere.
“Adesso so cosa voglio fare”, dice sorridendo al suo docente. E lui, sorridendo a sua volta, capisce che quello stage ha fatto davvero la differenza.