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Ripensare il proprio business ai tempi del coronavirus

   
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Questo non è un articolo sul coronavirus. Non parleremo di numero di contagi e misure adottate dai paesi colpiti. Parleremo di problem solving e reattività in un periodo di crisi. In questa situazione di incertezza, dove ci vediamo limitati nella nostra libertà, poter vedere uno spiraglio di positività ci fa bene. Un’orchestra o un dj che suonano da un balcone e fanno ballare e cantare il vicinato. I giovani che fanno la spesa per le persone anziane. Aziende che ripensano il proprio business per far fronte alla carenza di mascherine e disinfettanti. Qui parleremo di quest’ultime. Hanno preso un fattore esterno e negativo, incontrollabile, e hanno risposto.

Mascherine e disinfettante

Lo scorso 15 marzo il colosso mondiale del lusso, LVMH Moët Hennessy Louis Vuitton, ha annunciato la decisione di prendere tre dei più grandi stabilimenti produttivi di profumi e adattarli alla produzione di disinfettanti per le mani, con una formula approvata dalle autorità francesi, per far fronte alla carenza che ha colpito il Paese. Il gruppo prevede di riuscire a consegnare alle autorità sanitarie francesi 12 tonnellate di gel disinfettante nella prima settimana di attività dei tre stabilimenti e continuerà finché la situazione lo richiederà. Il tutto a titolo gratuito. Il gruppo parigino è stato rapido nel muoversi e nel comprendere cosa venga oggi considerato un lusso dai consumatori: non un’automobile, una borsa, un profumo; ma un (seppur poco chic) disinfettante per le mani. Il flaconcino non presenterà il monogramma LV o il logo di uno dei marchi del colosso, sarà in tutto e per tutto anonimo e irriconoscibile.

Anche in Italia diverse aziende attive nel tessile e nel lusso si sono mosse. Ve lo ricordate il “nude look” che il tanto discusso Achille Lauro ha sfoggiato durante l’ultimo Festival di San Remo? È stato in parte realizzato da un imprenditore salentino, che ha riconvertito la sua azienda per produrre delle mascherine usa e getta, simili a quelle utilizzate negli ospedali, da donare in primis ai residenti di Galatina, dove ha sede l’azienda e – se la produzione lo consente – agli enti ospedalieri che ne avranno bisogno.

Produzione mascherine chirurgiche

Spostandoci in Piemonte troviamo un atelier di alta moda che, in risposta all’appello della protezione civile che chiedeva la realizzazione di 600'000 mascherine, ha in poche ore sviluppato un prototipo rapidamente approvato dalle autorità sanitarie locali. Il 12 marzo 2020 l’azienda ha adattato i suoi impianti produttivi e due giorni dopo ha inviato la prima tranche di 20'000 mascherine chirurgiche al destinatario: il personale sanitario piemontese. Grazie al materiale e al processo con cui sono realizzate, le stesse sono lavabili e riutilizzabili fino a 10 volte. A pieno regime – e una volta ricevuto il consenso del Ministero della Salute – l’azienda potrà rifornire non solo il Piemonte, ma anche altre regioni che ne faranno richiesta.

Anche in Brianza una storia simile. In tre settimane un’azienda tessile si è riconvertita alla produzione di mascherine, riuscendo a produrne un milione al giorno e rifornendo non solo il mercato italiano, ma anche quello internazionale.

Esempi di imprenditori e aziende che non si sono semplicemente fermati o arresi all’emergenza.

Partendo dalle necessità del mercato, hanno analizzato le proprie capacità, competenze e strutture e hanno capito che avrebbero potuto adattarle e ripensarle per far fronte alla carenza di questi beni così semplici e scontati, ma oggi fondamentali. Un servizio alla salute pubblica e al contempo una strategia di marketing senza precedenti.

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