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Questa calda, morbida e rassicurante ignoranza

   
AITI
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Quale effetto produrrebbe su di noi sentire un politico affermare di non sapere? E cosa ci succederebbe nel leggere una chat nella quale i commenti siano ricchi e aggiungano sapere e complessità all’argomento di discussione?

Nel primo caso voteremmo ancora quel politico? E nel secondo quanto tempo resisteremmo nella lettura prima di abbandonare la chat irritati oppure addirittura intervenire con la nostra verità lapidaria?

AITI_Questa calda, morbida e rassicurante ignoranza

Ci affidiamo al politico che ha le risposte perché inconsapevolmente è il nostro cervello che ha bisogno di semplificare e preferisce navigare tra le onde di una vita quotidiana tranquilla e priva di rischi. Ne abbiamo bisogno tutti, la fiducia è un bisogno primario dell’essere umano, ci serve per “funzionare”. Se la abolissimo dalla nostra vita svilupperemmo in fretta un comportamento nevrotico capace di disconnetterci completamente dalla realtà e dal nostro equilibrio personale.

 

Quando ci imbattiamo in una discussione profonda e competente, nella quale i partecipanti contribuiscono, ognuno con la propria prospettiva e le proprie competenze, è molto facile che l’ansia e la frustrazione aumentino. Se fra tutti coloro che intervengono nella discussione non ce n’è uno che propone la sua verità ma tutti in qualche modo certificano di non possederne una, a chi posso dare la mia fiducia?

 

Il cittadino non può essere competente su tutto. Il sistema democratico si basa dunque sul principio della rappresentanza. Con il nostro voto contribuiamo ad eleggere “i migliori”, coloro che possano rappresentare al meglio i nostri interessi e punti di vista. A chi possiamo affidare la nostra fiducia? La daremo a chi pronuncia frasi del tipo: “è una questione sistemica”, o “occorre cercare soluzioni a livello internazionale”, non portando soluzioni immediate oppure a chi ha identificato i mali e conosce le cure?

 

In un mondo sempre più interconnesso, globalizzato e complesso si fanno strada persone ed idee sempre più sconnesse, chiuse su sé stesse e apparentemente semplici da realizzare. Da un lato qualcuno che cerca di comprendere e sbrogliare la matassa di fili che la società, l’ambiente e l’economia ci pongono davanti, addentrandosi nella complessità e perdendo man mano la convinzione che le cose possano essere definite. Dall’altro lato troviamo spesso una tale sicurezza che spesso travalica in supponenza e la tendenza a non considerare il sapere altrui, che viene banalizzato e trattato come il compagno secchione che ai tempi della scuola veniva corteggiato durante le lezioni ed emarginato al suono della campanella.

Questa calda, morbida e rassicurante ignoranza

Ma come è possibile che questo fenomeno possa accadere? Le persone non sono così stupide, la loro fiducia è un bene prezioso e se non fosse ben riposta la affiderebbero a qualcun altro, no?

 

“E se chi è stupido fosse troppo stupido per accorgersi di essere stupido?”

 

Questa è la domanda da cui sono partiti due ricercatori della Cornell University, che nel 1999 hanno studiato e definito il cosiddetto “Effetto Dunning-Kruger”: quel curioso cortocircuito che avviene nella mente di chi è incompetente e non si accorge della propria incompetenza. Una distorsione cognitiva (bias) che condanna chi non sa (ignorante) a sovrastimare il proprio sapere, sottovalutare il sapere altrui e, inesorabilmente, a prendere colossali cantonate, come racconta lo stesso David Dunning in un Ted-Ed (clicca qui per il link).

 

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