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Quali competenze per il futuro delle aziende?

   
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Con l’avvento dell’industria 4.0 cambiano anche le capacità e le competenze necessarie richieste ai nuovi lavoratori. Da anni si è ampliato il dibattito sulle competenze STEM – science, technology, engineering, mathematics –, un acronimo inglese coniato nel XX secolo ormai familiare ai tanti responsabili delle risorse umane che analizzano accuratamente i profili dei candidati. L’idea alla base è che alle aziende, soprattutto a causa della repentina evoluzione tecnologica e digitale, mancano persone competenti negli ambiti considerati, fondamentali allo sviluppo economico, in termini di produttività e crescita, dell’impresa. Attualmente, si tratta del più famoso skills o talent mismatch… troppa domanda da parte del mercato del lavoro, poca offerta negli ambiti di specializzazione. Tuttavia, se queste sembravano essere le caratteristiche fondamentali e introvabili fino a qualche tempo fa, ora l’attenzione sembra essersi spostata dal candidato “logico-matematico” a un ibrido.

Le competenze STEM, seppur continuino a essere privilegiate dalle aziende, non sono più considerate le uniche indispensabili, ma devono essere integrate con quelle in campo umanistico e artistico. Da qui il nuovo acronimo sempre più in voga STEAM, nel quale si installa la A di arts. Un cambiamento non solo nella sigla ma anche di genere: se i profili con competenze STEM erano prevalentemente maschili, adesso il tentativo è di integrare anche le donne che, secondo lo stereotipo, restano più restie a intraprendere formazioni in questi ambiti, diminuendo il gender gap. La loro presenza potrebbe portare importanti effetti positivi sul sistema socio-economico aziendale, come ha dimostrato una ricerca condotta nel 2017 dall’Istituto per la ricerca sociale nella vicina Lombardia:

  • L’occupazione femminile eviterebbe lo spreco di risorse e capitale umano altamente qualificato, contribuendo alla crescita del PIL pro capite;
  • l’innovazione tecnologica richiede competenze trasversali anche nella popolazione femminile, che ha sempre raggiunto livelli d’istruzione più alti rispetto agli uomini;
  • un’elevata occupazione femminile contribuirebbe a contrastare gli effetti negativi dell’invecchiamento sull'offerta di lavoro e ridurrebbe i rischi di povertà causati dalla frammentazione dei modelli familiari.

Per fare fronte alla mancanza di impiegati con competenze ibride STEAM e al loro inserimento nelle realtà aziendali, bisognerebbe creare una solida comunicazione tra imprese e università e istituti di formazione continua, con l’intento di appassionare gli studenti e formarli a partire dai banchi di scuola e rafforzando anche la presenza femminile nell'occupazione STEAM, con politiche di reclutamento che superino le differenze di genere. Il dibattito è acceso anche nel nostro Cantone e lo dimostra, per esempio, il panel d’apertura che ha dato il via alla ‘Notte bianca delle carriere’ presso l’Università della Svizzera italiana lo scorso novembre. La discussione verteva su come integrare laureati/e in STEM o in scienze umane, trovando la modalità di combinare i due ambiti per rispondere alle sfide del XXI secolo. Un tema caldo dunque che si svilupperà ancora nei prossimi anni.

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