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Nell’era dell’open space

   
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La modernità passa anche attraverso il rinnovamento degli uffici aziendali. Fin dagli anni Novanta dipendenti e collaboratori devono essere più vicini, in ambienti smart adatti al co-working. Le aziende hanno dunque dovuto riprogettare gli spazi, adottando il concept americano: l’ufficio open space. Nel corso degli ultimi anni si è diffusa sempre più la tipologia di ufficio aperto anche alle nostre latitudini. Un ambiente unico – senza pareti o con divisori minimi – per i dipendenti che possono così lavorare gomito a gomito: spesso le scrivanie sono condivise per rafforzare il gruppo di lavoro e permettere una diretta comunicazione tra collaboratori.

ufficio open space

Già nel 2016 la SECO si interrogava sui vantaggi e gli svantaggi che si sarebbero presentati con l’adozione di questo nuovo concetto e quali requisiti ne sarebbero derivati per la configurazione delle postazioni di lavoro. Sarebbe stato necessario pensare a un ambiente che permetteva, da un lato, di lavorare individualmente in tranquillità, ma anche spazi per discussioni e co-working? Nell’open space sarebbe sorto il problema di più attività rumorose contemporaneamente, come le telefonate? Quattro anni fa si sentiva già l’esigenza di ripensare completamente lo spazio dell’ufficio, ma sempre in relazione ai dipendenti e ai loro incarichi, tenendo ben presente le conseguenze anche negative che potevano essere portare all’interno dell’azienda.

I vantaggi certi, e che forse nel corso del tempo si sono andati mitigando, erano il rapido contatto con i colleghi, l’agevolazione del lavoro in team, la flessibilità per l’azienda nell’organizzazione degli spazi e il parziale risparmio di locali e di costi. Tuttavia, all’orizzonte apparivano già chiari i molti svantaggi: il limitato controllo sul posto di lavoro individuale (es. tende, illuminazione, temperatura, ecc.), l’assenza di privacy, le numerose fonti di disturbo e le distrazioni, la difficoltà di tenere confidenzialmente una conversazione e il maggior numero di assenze, dovuto sia al maggiore stress, sia alla più facile diffusione di agenti patogeni.

ufficio open space rumore e distrazioni

Ad oggi quella che sembrava un’idea rivoluzionaria è diventata un vero e proprio incubo: non piace proprio a nessuno. Nel 2018 in una ricerca condotta dall’Harvard Business School – ‘The impact of the ‘open’ workspace on human collaboration’ Offices’ – i due ricercatori E. Bernstein e S. Turban hanno riflettuto sulla nuova visione (negativa) dei workplaces open space. È emerso che la copresenza negli uffici aperti, pensata per incoraggiare l’interazione faccia a faccia, in realtà provoca collisioni accidentali spesso controproducenti e improduttive, fonti di distrazioni, annientando anche il bisogno primario di privacy di ogni dipendente. Anzi, al posto di promuovere la comunicazione diretta, la riducono del 70%, mentre aumentano gli scambi via posta elettronica e messaggistica del 50%.

Insomma, l’open space non piace, ma comunque persiste a causa del minor costo per le aziende. È certo però che in futuro, in termini di produttività, bisognerà riesaminare lo spazio di lavoro.

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