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L’ombelico e i frontalieri

   
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La perseveranza nel guardarsi l’ombelico impedisce di vedere avvicinarsi il burrone.

Nel 2014 una risicata maggioranza dei votanti e una molto più chiara dei Cantoni (17 su 26) decretò il successo alle urne dell’iniziativa popolare “Contro l’immigrazione di massa”.

Nel 2016, in Ticino, il 58% dei votanti accettarono l’iniziativa lanciata dall’Unione democratica di centro denominata “Prima i nostri”, ancorando nella costituzione il principio della preferenza indigena.

Nel 2020 l’elettorato svizzero respinse l’iniziativa popolare “Per un’immigrazione moderata”, che voleva porre fine alla libera circolazione delle persone con l’unione europea.

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Questi sono solo alcuni degli elementi visibili del forte vento di chiusura e di protezionismo che ha scosso la Svizzera e il Ticino negli ultimi anni. Un vento che continua a soffiare forte, anche se la direzione sembra non essere più sempre la stessa.

La demografia ci consegna cifre incredibili relative a un saldo naturale negativo unito a quello delle persone che usciranno dal mercato del lavoro per raggiunti limiti di età (1 mio nel decennio 2020/2030).

La società ci racconta di un rapporto molto cambiato delle giovani generazioni rispetto al lavoro e alla carriera (più attenzione alla sostenibilità e alla conciliazione Vita-Lavoro).

L’osservazione ci dice di un quadro giuridico molto lento a reagire ai cambiamenti sociali e alle nuove modalità di lavoro (flessibilità nei tempi, nei modi e nei luoghi di lavoro).

La cronaca racconta di imprese sempre più in difficoltà nel reperire manodopera qualificata e, parallelamente, dell’aumento significativo di persone che lasciano il posto di lavoro senza una vera alternativa occupazionale.

L’ombelico e i frontalieri

Storia di questi giorni quella di un’impresa che ha visto quattro persone chiave dell’organico aziendale dare le proprie dimissioni. Tutti insieme, nel breve volgere di qualche settimana, a seguito del nuovo regolamento aziendale che, dal primo luglio 2022, prevede un massimo di 1 giorno alla settimana di lavoro da remoto per tutti i lavoratori frontalieri.

Per quale ragione? Vi domanderete.

Tutti e quattro hanno trovato lavoro in aziende italiane che offrono ampie possibilità di lavoro da remoto. Dopo aver provato concretamente, durante la pandemia, il valore aggiunto della conciliabilità, tutti hanno preferito rinunciare a una significativa porzione del proprio reddito in cambio della possibilità di gestire il proprio tempo.

E se il nuovo vento ci facesse rimpiangere l’epoca in cui i frontalieri erano attratti dal mercato del lavoro del Cantone Ticino?

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