Nel mondo si moltiplicano i casi di sciopero per rivendicare il lavoro flessibile. In Ticino i primi lavoratori frontalieri danno le dimissioni per tornare a lavorare in aziende italiane maggiormente flessibili.
Ad inizio settembre i 54 dipendenti dello stabilimento modenese della Maticmind, azienda attiva nel campo dell’informatica con oltre 800 dipendenti in tutta Italia, si sono rifiutati di lavorare una giornata per “lottare contro la decisione immotivata di riduzione del lavoro agile in azienda”.
Un caso analogo si era verificato già a fine 2021, quando i dipendenti di Unipol, grande gruppo assicurativo che conta quasi 12'000 dipendenti, gridarono tutti insieme: “Vogliamo restare in smart working!”.
Nello stesso anno, alla fine del mese di ottobre, ci fu anche lo sciopero dei dipendenti pubblici italiani indetto dal neonato sindacato degli smart worker per sensibilizzare il governo e l’opinione pubblica e protestare contro il rientro in presenza dei dipendenti disposto dal ministero.
Di qualche settimana fa poi, la notizia che anche i giornalisti del New York Times non desiderano tornare a lavorare in ufficio tre giorni alla settimana, come d’altro canto sancito dal nuovo regolamento sullo smart working.
Queste situazioni si stanno verificando piuttosto spesso e mettono faccia a faccia manager e lavoratrici e lavoratori qualificati. Da un lato vi sono i quadri che sostengono la necessità di poter ristabilire il lavoro di squadra, le relazioni fra le persone e forse, sebbene non esplicitamente detto, anche una necessità di avere un maggiore controllo. Dall’altro, invece, troviamo i dipendenti che hanno sperimentato l’effettiva possibilità di lavorare efficacemente anche da remoto, risparmiando e guadagnando in qualità di vita, evitando lunghi e poco sostenibili spostamenti.
“Ma da noi è diverso.”; “Qui siamo più piccoli e la gente vuole andare in ufficio a lavorare.”; “Prima o poi questi capiranno che se non si lavora la nostra competitività economica crolla.”; “Quando finalmente ci sveglieremo da questo intorpidimento collettivo ci renderemo conto che per lavorare insieme le persone devono essere insieme.”.
Queste sono solo alcune delle frasi che si sentono alle nostre latitudini e che contengono ognuna una parte di verità, ma anche una buona dose di pregiudizi e stereotipi. Espressioni che risuonano come sentenze, che chiudono le opportunità di confronto, di riflessione e che a volte assumono le sembianze di corazze e scudi, quasi a provare a proteggere da dinamiche profonde che non si riesce a comprendere, a gestire e soprattutto a controllare.
Siamo in ritardo per poter anticipare questo fenomeno che mostra i primi chiari segnali sul nostro territorio, ma siamo ancora in tempo per poter stare sull’onda e al passo con i cambiamenti che stanno scuotendo la nostra società.
Tutte le imprese e le organizzazioni del Cantone Ticino possono beneficiare del programma di AITI: “Smart working, istruzioni per l’uso”. Un gruppo multidisciplinare di esperti (HR, Architetti, IT, formatori e psicologi del lavoro) che aiutano le imprese a riflettere e a realizzare progetti in materia di lavoro agile.
Per maggiori informazioni, potete contattare Nicola Giambonini: nicola.giambonini@aiti.ch