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L’intelligenza artificiale allarga le divisioni sociali?

   
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Questa domanda è emersa al recente “AI Action Summit” di Parigi del 10 e 11 febbraio, dove gli attori principali della tecnologia si sono ritrovati per discutere di soluzioni, standard e regolazioni e per discutere l’obiettivo di porre l’IA al servizio della collettività. 
Quando all’inizio del 2020 i primi modelli linguistici basati sull’intelligenza artificiale si sono fatti largo, la speranza era quella che questi sistemi avrebbero democratizzato le nostre opportunità, livellando persino le disuguaglianze. Cinque anni dopo, le evoluzioni più recenti dell’IA sembrano invece suggerire una strada differente. Uno studio dell’università di Stanford del 2023 e del MIT di Boston evidenziava che i sistemi di IA generativa hanno aumentato la produttività dei lavoratori alle prime armi nelle attività di assistenza ai clienti del 34 %. Per i lavoratori esperti invece i benefici sono stati minimi in quanto l’intelligenza artificiale non ha fatto che rafforzare approcci e metodi che già stavano utilizzando. 
Se trasferiamo l’osservazione in altri contesti, ad esempio quello degli scrittori e comunicatori agli inizi, l’utilizzo di Chat GPT ha migliorato la qualità della loro scrittura elevando le competenze di base. Si può dire che per compiti definiti generali, ad esempio nell’ambito delle materie legali, gli strumenti di IA migliorano la qualità del lavoro e aiutano le persone maggiormente in difficoltà e con meno competenze. 
Queste osservazioni pur scientifiche che siano, non ci permettono di trarre conclusioni definitive. Ciò perché l’impatto della tecnologia dipende molto dal contesto nel quale viene applicata. 
I sistemi di intelligenza artificiale sono molto performanti nel settore del traffico aereo perché elaborano grandi quantità di dati lasciando tuttavia all’essere umano le decisioni e percependo in genere questi ultimi stipendi medio-alti. Al contrario, i sistemi di IA di check out semplificano il lavoro dei cassieri di un negozio, di fatto però riducendo il livello delle competenze necessarie e dunque livellando le retribuzioni.

L’intelligenza artificiale allarga le divisioni sociali foto mannequin-915135_1280

 

Regolarmente ci chiediamo se l’intelligenza artificiale ridurrà o al contrario moltiplicherà i posti di lavoro. Sembra abbastanza evidente che tutta una serie di funzioni, ad esempio nel servizio ai clienti, saranno quasi del tutto soppiantate da sistemi di IA, anche se ciò non significa che emergano funzioni di contatto umano molto specializzate e mirate alla clientela. 
Mentre in una prima fase l’IA ha sostituito prima di tutto lavori di routine e costituisce tuttora un ausilio a funzioni come la scrittura di testi, è logico pensare che l’intelligenza artificiale si farà sempre più largo anche nelle funzioni maggiormente creative, nel contempo traendo competenze ed esperienza dagli stessi sistemi di intelligenza artificiale e dunque non più solamente dall’immissione di dati e informazioni da parte dell’essere umano. Ad esempio, la scrittura della sceneggiatura di un film o l’analisi dei contratti di uno studio legale per suggerire modifiche e miglioramenti. Ma questo è solo un primo passo in quanto sempre più l’IA penetrerà le funzioni più elevate e performanti, che possiamo identificare nelle funzioni strategiche, gli investimenti in denaro, la gestione di un’impresa, la ricerca scientifica naturalmente, ecc. Sono tipicamente attività svolte da personale specializzato e molto qualificato e ciò naturalmente potrebbe allargare la forchetta retributiva e sociale a svantaggio di chi ha meno competenze.
Ci potrebbero dunque essere le premesse per creare maggiore divario fra le classi sociali. 
Le persone qualificate grazie all’intelligenza artificiale potranno crearsi spazi di tempo per concentrarsi sul lavoro creativo, mentre le persone meno qualificate dovranno convivere con retribuzioni stagnanti o inferiori e con compiti sì magari velocizzati e produttivi ma senza una prospettiva di crescita nei contenuti della professione svolta.
La storia suggerisce che gli sconvolgimenti tecnologici favoriscono in genere le persone qualificate. Nella rivoluzione industriale, gli ingegneri che padroneggiavano i nuovi macchinari hanno visto i loro salari salire alle stelle mentre i lavoratori di routine hanno perso. L'era dei computer ha premiato gli ingegneri informatici e reso obsoleti i dattilografi. L'IA sembra pronta a seguire un percorso simile, avvantaggiando coloro che hanno giudizio, agilità e competenza per navigare in ambienti complessi e ricchi di informazioni.
Inoltre, gli strumenti di intelligenza artificiale di oggi sono solo l'inizio. I sistemi di IA confermeranno probabilmente un fenomeno già in atto, è cioè la crescita del lavoro indipendente rispetto a quello dipendente. In altre parole, vi saranno più persone amministratrici delegate di loro stesse, ma in questo ambito i migliori CEO resteranno senz’altro i migliori, mentre gli altri seguiranno a distanza. Chi ha talento e capacità le potenzierà grazie all’IA, mentre chi non ha queste caratteristiche sarà sì magari più produttivo ma senza grandi prospettive di crescita. 
Il tempo ci dirà se questa prospettiva poco entusiasmante si realizzerà davvero oppure se l’IA sarà piuttosto uno strumento per abbassare le disuguaglianze.

 

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