Regolarmente ci si interroga se l’intelligenza artificiale e le tecnologie più in generale sostituiranno chi lavora e dunque creeranno forte tensione sociale ed economica. Il dibattito è aperto e ha creato inevitabilmente fronti contrapposti.
Un recente studio denominato “The Employment impact of the emerging digital technologies”, elaborato da diversi specialisti universitari di Inghilterra, Olanda e India, si è focalizzato in particolare sui paesi europei e utilizzando i brevetti registrati fra il 2012 e il 2021 ha identificato quaranta tecnologie emergenti, creando una mappa dettagliata delle imprese industriali e dei posti di lavoro interessate dalle tecnologie considerate. Il risultato della ricerca, diciamolo subito, è complessivamente positivo in termini di posti di lavoro creati rispetto a quelli eliminati, ma occorre distinguere. Lo studio conferma altri studi precedenti, e cioè che se da un lato l’occupazione è in aumento, dall’altro lato la stessa si polarizza. Le tecnologie digitali aumentano l’occupazione sia nei posti di lavoro a basse qualifiche, sì proprio così, e nelle professioni con qualifiche elevate, mentre hanno effetti maggiormente negativi per i lavoratori mediamente qualificati.
Non entriamo qui nel merito delle differenze a livello regionale e di singoli rami di attività, ma è importante sottolineare che le differenze fra regioni e tipo di aziende dipendono dalla capacità di ciascuna tecnologia di svolgere mansioni nelle specifiche professioni. Ad esempio, chi opera in produzione ed è addetto a impianti e macchinari è più esposto all’utilizzo dei robot ma pure della cosiddetta manifattura additiva, cioè la modalità produttiva che, utilizzando tecnologie anche molto diverse tra loro, consente la realizzazione di oggetti (che possono essere parti componenti, semilavorati o prodotti finiti) generando e sommando strati successivi di materiale.
Anche a livello regionale è evidente che le politiche di sviluppo economico e di analisi dei cambiamenti nel mercato del lavoro devono considerare l’impatto differenziato delle tecnologie sulle lavorazioni. Emerge prima di tutto la necessità di investire nelle politiche di formazione delle persone, in particolare quelle mediamente qualificate, che proprio in una regione come il Ticino sono abbastanza numerose. Non si tratta certamente di trasformare un impiegato in un ingegnere, ma piuttosto di fornire le competenze complementari necessarie per lavorare al meglio insieme alle tecnologie. Lo studio citato in precedenza ci restituisce anche l’insegnamento di avere un approccio più articolato che consideri l’intera gamma delle innovazioni tecnologiche e digitali. Infatti, non vi sono solo l’intelligenza artificiale e i robot bensì tante altre tecnologie complementari che hanno anch’esse un impatto sul mondo del lavoro.
Così come già dieci anni fa indicavamo quanto fosse necessario affrontare la sfida del calo demografico, oggi diciamo soprattutto alle istituzioni oltre che agli imprenditori, che la sfida della tecnologia va affrontata con un approccio decisamente più articolato di quanto sembrano suggerire i titoli di giornale o delle trasmissioni tv, dove si parla quasi esclusivamente di intelligenza artificiale.