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Le soft skills si trasformano

   
AITI
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In Svizzera quasi uno studente su tre soffre di alti livelli di stress e in Ticino i casi di assenteismo scolastico sono quadruplicati dal 2019. I giovani entrano nel lavoro con competenze tecniche solide, ma con soft skills da reinventare.

Le soft skills del futuro non sono le stesse di venti, trenta o quarant’anni fa. Non possono esserlo, perché il contesto in cui crescono i giovani è radicalmente cambiato. Oggi si affacciano al mondo del lavoro i giovani nati dopo il 2007, l’anno della presentazione dell’iPhone: per loro, la connessione costante è la norma. Basta un gesto per scacciare il vuoto e trovare distrazione o rifugio. Un concetto come la noia, con tutte le sue sfumature di riflessione e il suo potenziale di creatività, è semplicemente scomparso.

Ma questa apparente ricchezza di stimoli porta con sé un costo nascosto: la difficoltà a stare nel presente, ad affrontare la frustrazione, a vivere relazioni autentiche. In altre parole, le competenze relazionali ed emotive — quelle che definiamo “soft skills” — si trasformano, chiedendo a imprese, scuole e famiglie di ridefinire ciò che significa davvero essere pronti per il lavoro e per la vita adulta.

I dati lo confermano. Secondo Pro Juventute, in Svizzera quasi uno studente su tre (32,6 %) dichiara alti livelli di stress, con un picco nelle ragazze adolescenti, che tocca il 59 %. In Ticino, nell’anno scolastico 2023/24, sono 385 gli studenti delle scuole medie che hanno superato le 200 ore di assenza nell’anno scolastico: erano solo 67 prima della pandemia (fonte: RSI). Dietro questi numeri non c’è solo la “pigrizia”, ma un disagio crescente fatto di ansia, panico, difficoltà a reggere la pressione delle relazioni quotidiane.

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Dietro questi numeri si nasconde la ragione per cui le “vecchie” soft skills — comunicare in modo efficace, collaborare in team, problem solving — non bastano più, perché devono essere integrate da nuove competenze più profonde: presenza consapevole, regolazione emotiva, gestione dell’ansia, resilienza sociale ed empatia reale. Non si tratta di vuoti slogan, ma delle condizioni necessarie ai giovani per inserirsi efficacemente in ambienti di lavoro complessi e interattivi.

Qui entra in gioco la responsabilità degli adulti: genitori, insegnanti, manager, formatori. Non basta ammonire i giovani a “staccarsi dal telefono”. Occorre creare spazi e occasioni concrete per allenare la presenza: attività collettive, esperienze di collaborazione reale, momenti di confronto anche faticoso ma autentico. È in quei contesti, infatti, che si impara a leggere le emozioni proprie e altrui, a gestire la frustrazione, a trasformare la noia in creatività.

Le soft skills del futuro non sono un aggiornamento cosmetico delle competenze di ieri. Sono una trasformazione necessaria per abitare un mondo nuovo, sicuramente iperconnesso, ma nel quale la vera risorsa saranno le persone capaci di esserci veramente.

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