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La solitudine degli edifici (e di chi li cura)

   
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La pandemia ha influenzato pesantemente diversi settori e professioni. Tra le altre, anche quella di chi lavora dietro le quinte nei luoghi che normalmente ospitano migliaia di persone.

Il COVID-19 ha messo in pausa il mondo dell’intrattenimento, perlomeno nelle modalità che eravamo soliti conoscere: spettacoli teatrali, concerti ed eventi sportivi si sono svolti a porte chiuse. Il settore dell’insegnamento universitario si è abituato ad una modalità di educazione e interazione in gran parte online. Le aziende hanno dovuto far ricorso in modo massiccio all’home working. E così, edifici e spazi solitamente gremiti di persone e brulicanti di vita, sono rimasti silenziosi, spogli, desolati.

La solitudine degli edifici (e di chi li cura)

È la solitudine che viene documentata in alcuni scatti di ISS, che raccontano anche come sia cambiata la vita lavorativa di diversi collaboratori dell’azienda che operano dietro le quinte di importanti istituzioni del settore culturale, sportivo, universitario ed aziendale. Si tratta dei collaboratori che in tempi normali si assicurano che tutto fili liscio anche nei momenti di maggiore affluenza, occupandosi di compiti quali l’accoglienza degli spettatori o la gestione della tecnica degli edifici.

Amedea De Angelis, Responsabile di mandato ISS, LAC Lugano Arte e Cultura, che è solita coordinare una squadra che si occupa ad esempio della biglietteria e dell’accoglienza di artisti e spettatori, racconta: «La mia squadra ed io abbiamo dovuto modificare radicalmente le nostre modalità lavorative, ci manca il contatto con le persone. Al LAC abbiamo avuto concerti senza pubblico. È stato un momento speciale quando la solista si è inchinata davanti alla platea vuota e le poche persone presenti dietro le quinte hanno applaudito per simulare una parvenza di vita e normalità.»

Tülay Karakurt, Responsabile d’immobile ISS allo Stadio Letzigrund, a Zurigo, che normalmente ospita fino a 40 partite di calcio nazionali e internazionali all'anno, così come grandi concerti con un massimo di 50’000 visitatori, dice: «Lo stadio è la mia seconda casa. Di solito lavoro più di 40 fine settimana all’anno. Ora lo stadio è fermo. Le squadre di calcio vengono ancora per le partite a porte chiuse. Manteniamo l’impianto in buone condizioni e siamo ai blocchi di partenza.»

Al di là infatti di alcuni lavori che hanno potuto essere comunque portati avanti, come interventi di manutenzione o di rinnovamento degli impianti tecnici e delle infrastrutture, molti collaboratori impiegati in queste strutture, la cui presenza è spesso impercettibile ai più seppur cruciale per assicurare un’esperienza perfetta agli spettatori, sono rimasti in un certo senso sospesi. Lavorare in una grande azienda come ISS, che fa di questi servizi il suo core business, ha consentito ad un buon numero di loro di essere allocati ad altri mandati.

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Tuttavia, come testimonia Ronald Bürge, Responsabile d’immobile ISS presso un edificio per uffici di Swisscom che ospita circa 1’500 collaboratori, il contatto con le persone manca: «Lavoro in questo edificio da quasi dieci anni. È il mio edificio e mi sta a cuore. Delle circa 1’500 persone, quasi nessuna è ancora qui. Abbiamo quindi anticipato i lavori di manutenzione. C’è molto da fare, però mi manca l’interazione personale.»

La voglia di normalità, insomma, si fa sentire anche negli angoli meno visibili della nostra vita e della nostra economia.

Ecco come si presentano teatri, musei e stadi chiusi a causa della pandemia - ISS News IT

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