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La pandemia ha cambiato il lavoro degli Svizzeri

   
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Recentemente Adecco Group ha condotto una ricerca intitolata “Resetting Normal: definire la nuova era del lavoro 2021”. L’indagine è stata commissionata per ottenere informazioni sull’atteggiamento, il comportamento e le prospettive dei lavoratori d’ufficio nel futuro del lavoro. Aspetti che sono naturalmente mutati a causa del Covid-19.

Il primo risultato emerso è che il lavoro ibrido piace. Il 49% degli Svizzeri intervistati – 800 totali – ha affermato che desidera svolgere almeno il 40% del proprio tempo di lavoro da remoto. Questo dato è giustificato, secondo quanto emerso dall’indagine, dalla maggiore flessibilità che permette un modello di lavoro ibrido. Tuttavia, è bene specificare che, a livello globale, i giovanissimi e i genitori vorrebbero passare più tempo in ufficio: le generazioni più giovani necessitano di maggior tempo per ambientarsi in ufficio, capire le proprie mansioni e relazionarsi con i colleghi, mentre i genitori non trovano pace dentro le mura di casa e non riescono a dividere completamente vita privata e attività lavorativa.

La pandemia ha cambiato il lavoro degli Svizzeri

Il 75% degli intervistati è convinto che il modello ibrido permette una maggiore inclusività delle persone con disabilità, ma anche dei genitori che lavorano (73%) e persone con background diversi (69%).

A livello svizzero, si legge ancora nei risultati, il 79% delle persone ha creato un ambiente di lavoro remoto efficiente e desidera poter lavorare in remoto più di quanto faceva prima della pandemia. Ciononostante, bisogna considerare anche l’altro lato della medaglia: per quanto riguarda i lavoratori svizzeri, il modello ibrido ha creato anche delle nuove ansie e, infatti, il 58% è ansioso di tornare a vedere i propri colleghi.

Anche la settimana lavorativa, in quantità di ore, deve cambiare secondo gli svizzeri: in particolare, solo la metà degli intervistati crede che 40 ore settimanali siano necessarie per svolgere il proprio lavoro. A livello globale, infatti, il 73% di lavoratori e leader chiede di essere valutato in base agli esiti e ai risultati, piuttosto che alle ore di lavoro effettive.

Triste il risultato sulla salute mentale: complice anche il Covid-19 e le chiusure di attività ricreative, il 30% degli svizzeri intervistati ha ammesso che la propria salute mentale è diminuita nel corso della pandemia. Allo stesso tempo, più della metà dei manager intervistati in Svizzera ha riferito di avere difficoltà nel gestire il burnout (62%) e il benessere mentale (65%) dei propri lavoratori. Questi dati suonano come un campanello d’allarme: le aziende devono pensare a come supportare meglio i loro dipendenti e fornire loro delle risorse adeguate a garantire e migliorare il loro benessere all’interno del nuovo modello di lavoro ibrido.

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In sostanza, il lavoro è dunque in divenire e le sue mutazioni non sono definitive. La pandemia ha dato una spinta al lavoro ibrido (telelavoro-ufficio), ma questo sembrerebbe portare a un ripensamento nel modo di misurare le prestazioni dei lavoratori. La salute mentale costituisce un problema emergente che bisogna debellare a tutti i costi, per evitare ripercussioni sulla forza lavoro, sulla leadership e su tutte le attività aziendali.

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