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La pandemia e le grandi dimissioni

   
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Il fenomeno delle dimissioni volontarie dal lavoro in grandi numeri è stato osservato inizialmente negli Stati Uniti nel 2021 a seguito della pandemia. Negli USA a giugno 2021 le dimissioni volontarie raggiungevano i 4 milioni fra i dipendenti a metà carriera nella fascia d’età 30-45 anni, cioè circa il 20 % in più rispetto al 2019. A ciò si contrappone l’aumento del numero delle aziende alla ricerca di collaboratori. In Inghilterra i posti vacanti superano il milione, mentre in Germania un’azienda su tre non trova il personale necessario. In Europa, tra luglio e settembre 2021 sono stati registrati valori similari a quelli americani, poi il fenomeno è parzialmente rientrato.

La pandemia e le grandi dimissioni

Perché si fugge dal lavoro?

Le motivazioni sono ancora in fase di studio da parte degli esperti di dinamiche del lavoro, ma diversi fattori sembrano aver contribuito a una svolta sul lavoro. Da uno studio statunitense emerge infatti che su 1'000 intervistati il 40 % ha individuato nel burnout la causa principale di tale decisione. E un intervistato su tre ha lasciato il lavoro senza un’alternativa occupazionale. Una persona su tre ha deciso di lasciare il suo attuale lavoro per cambiare sostanzialmente la propria vita, partendo da qualche progetto personale o da una nuova prospettiva di vita.

Oltre a una voglia di vivere appieno le nostre vite, sicuramente il lockdown ha stravolto le nostre priorità dandoci una visuale diversa sul lavoro e sul tempo che questo occupa nella nostra giornata. La sperimentazione dello smart working, di ritmi più lenti e più tempo per le nostre famiglie ci ha reso più consapevoli che una qualità della vita migliore è possibile e molti non sono disponibili a tornare indietro anzi, cercano un lavoro più gratificante. Per i cosiddetti millenials e la generazione Z sembrano emergere chiaramente bisogni sempre più evidenti legati anche agli ideali di una vita felice e di un mondo migliore.

La situazione in Europa non appare essere del tutto analoga a quella degli Stati Uniti. Certo, il fenomeno delle grandi dimissioni come detto è arrivato anche da noi, ma le motivazioni potrebbero essere differenti. Gli studi in corso stanno mostrando ad esempio che chi si è dimesso nel 2021 non necessariamente aveva intenzione di farlo già nel 2020 e ha semplicemente rimandato la decisione. Inoltre, i dati non confermano un aumento delle dimissioni a seguito di una maggiore possibilità di lavorare in remoto. Chiaramente alcune professioni usuranti, messe e dura prova durante la pandemia, come le professioni del settore sanitario, hanno visto aumentare notevolmente il numero delle dimissioni, ma è anche vero che a fronte delle dimissioni vi sono poi nuove assunzioni, magari in contesti lavorativi differenti e meno pressanti. Non è solo il caso del settore sanitario.

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Certamente anche i lavoratori europei guardano sempre più a modalità di lavoro che permettano di bilanciare la vita professionale con quella privata, oppure che permettano di trovare un nuovo equilibrio fra progetti personali e remunerazione, mantenendo magari una certa flessibilità del lavoro e mettendo in conto eventuali contenimenti salariali.

Molte aziende sono sempre più preoccupate e cercano di correre ai ripari introducendo o allargando le possibilità per il personale di soddisfare gli equilibri ricercati. La prospettiva dell’invecchiamento della popolazione, che già sta incidendo sulla possibilità di trovare personale specializzato in particolare, si affianca alle diverse trasformazioni del mondo del lavoro in corso. Un tema di cui non solo le aziende bensì anche i governi dovranno occuparsi seriamente.

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