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La pandemia cambia l’economia e il mondo

   
AITI
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“Qualcuno capisce davvero cosa sta succedendo nell’economia mondiale?” si chiedeva a fine ottobre il settimanale The Economist. Quasi nessuno prevedeva che il prezzo del petrolio sarebbe salito oltre gli 80 dollari al barile e che le navi container avrebbero fatto la fila per scaricare le merci nel porto di Los Angeles. Le previsioni della disoccupazione per il 2021 erano catastrofiche ma si sono rivelate esagerate, mentre che il rischio di inflazione era considerato quasi nullo.

Si potrebbe liquidare il tutto dicendo, come si fa sovente, che gli economisti brancolano nel buio nonostante tutte le teorie e le competenze esistenti. Ma in realtà siamo all’alba di una rivoluzione, perché la qualità, tempestività e trasformazione delle informazioni miglioreranno sensibilmente le previsioni economiche e la presa di decisioni degli attori pubblici e privati.

Non lo si consideri un fatto di interesse solo per gli addetti ai lavori. La qualità dei dati e delle informazioni determina le politiche economiche, le decisioni delle imprese ma anche l’atteggiamento dei singoli cittadini.

The Economist fa alcuni esempi per mostrare quanto la previsione economica debba avanzare a passo spedito. Negli anni Trenta occorreva più di un anno per stimare il prodotto interno lordo americano. Negli anni Cinquanta, Alan Greenspan, che sarebbe poi diventato il governatore della banca centrale americana, monitorava il traffico merci per stimare la produzione di acciaio. E la catena di negozi Walmart già negli anni Ottanta considerava i dati sui consumi come un vantaggio competitivo. Eppure, ancora oggi diversi dati fondamentali, quali l’occupazione, la produttività oppure il prodotto interno lordo necessitano di tempo per essere calcolati.

La pandemia cambia l’economia e il mondo_2

Quanto questa situazione possa causare persino decisioni sbagliate o ritardate che causano miliardi di franchi di danni è testimoniato dagli esempi pratici. Se la banca centrale americana avesse quasi ridotto a zero i tassi di interesse nel 2007 invece che l’anno successivo, la recessione economica sarebbe stata probabilmente contenuta. Lo stesso è avvenuto nel 2011 in Europa quando la banca centrale ha alzato i tassi di interesse e ha provocato una recessione.

Nonostante quanto detto finora, possiamo definirci prudenzialmente ottimisti per il futuro.

Le banche centrali si stanno dotando di strutture dedicate e specialisti per analizzare più velocemente il comportamento dell’economia e dei cittadini consumatori, ad esempio analizzando i pagamenti senza contatto con i cellulari oppure l’utilizzo delle carte di credito. L’esplosione del commercio online favorirà certamente un’analisi più accurata dell’andamento economico e la presa conseguente di decisioni più sicure, evitando danni miliardari e la perdita di posti di lavoro.

I dati, lo sappiamo, sono l’oro giallo del presente e del futuro. Permetteranno un’analisi in tempo reale dell’economia e influenzeranno le politiche pubbliche economiche e sociali. La burocrazia tipica del settore pubblico, ad esempio per l’elargizione delle pensioni e dei sussidi, potrebbe essere azzerata a vantaggio dei fruitori delle prestazioni.

Restiamo ottimisti sì, senza dimenticare i pericoli. L’economia è fatta da miliardi di persone che popolano la terra e le previsioni sul suo andamento restano comunque più complesse di quello che una società del grande fratello potrebbe immaginare. Giganti come Facebook o Amazon possiederanno più dati e informazioni economiche di qualsiasi banca centrale e si muoveranno di fatto come una nazione se non addirittura un continente. Una regolamentazione appare inevitabile, perché scelte economiche sbagliate hanno conseguenze finanziarie enormi e durature.

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