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Il prezzo da pagare

   
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La pandemia ha messo a dura prova la nostra società e l’economia. Dopo i primi allentamenti del 27 aprile messi in atto dal Consiglio federale, molti consumatori hanno segnalato rincari e sovrapprezzi di beni e servizi.

L’Ustat ha rilevato l’indice dei prezzi al consumo nel mese di aprile e nel mese di maggio. Durante il mese d’aprile l’indice dei prezzi al consumo è diminuito dello 0,4% rispetto al mese precedente. Questa flessione è riconducibile a vari fattori, tra cui la diminuzione dei prezzi dei trasporti aerei (-11,4%), che evidentemente si è abbassata a causa della scarsa domanda vista la pandemia in atto e anche all’impossibilità di recarsi all’estero se non in via eccezionale. Anche i prezzi dei pernottamenti in albergo (-5,2%) e del carburante (benzina, -5,1%) sono diminuiti, causa la bassa mobilità permessa ai cittadini. Ma il rincaro, effettivamente, c’è stato e soprattutto per gli ortaggi (+16,8%) e per l’abbigliamento (+0,3%).

AITI_Il_prezzo_da_pagare_covid-19

Nel mese di maggio l’indice dei prezzi al consumo è rimasto stabile rispetto al precedente. I prezzi degli affitti delle abitazioni sono aumentati (+0,2%), come pure quelli della frutta con nocciolo (+16,9%). Hanno invece registrato un calo i prezzi dei carburanti (benzina, -2,4%) e dei pernottamenti in albergo (-2,1%).

I settori dell’abbigliamento e degli alimentari sono quelli che hanno avuto un incremento del prezzo e che i consumatori hanno interpretato come un rincaro non giustificato, così come era avvenuto per il costo unitario delle mascherine e dei disinfettanti a inizio emergenza sanitaria. Anche con la riapertura di bar, ristoranti, estetiste e parrucchieri il rialzo è stato evidente e spesso segnalato direttamente sullo scontrino.

Ma guardiamo la situazione dal punto di vista delle aziende. La maggior parte di esse non ha potuto operare durante i mesi di marzo, aprile e maggio, o solo in modalità di lavoro ridotto. Nonostante il grosso contributo erogato dalla Confederazione per aiutare le imprese, quest’ultime hanno dovuto affrontare non poche difficoltà ed enormi perdite di guadagno. La produzione si è fermata o ha subito un forte rallentamento, vista anche la poca domanda da parte dei consumatori di alcuni beni e servizi.

Questo ha comportato un calo della fornitura richiesta da parte delle aziende, che si è tradotto in un incremento del costo medio delle materie prime e quindi a un sovrapprezzo per il consumatore. Dall’altra parte anche i costi di produzione sono aumentati. Le aziende hanno dovuto implementare misure di sicurezza per i dipendenti, distanziando le postazioni, fornendo loro disinfettanti e mascherine, installando separatori in plexiglass, eccetera.

AITI_Il_prezzo_da_pagare_industria abbigliamento

Facciamo un esempio: un’azienda di abbigliamento ha dovuto fare fronte a una perdita di guadagno dovuta alla chiusura, almeno parziale, della sua attività, nonostante gli aiuti della Confederazione. Durante e dopo il periodo di lockdown, l’azienda ha dovuto investire in misure di sicurezza e di igiene per tutelare i propri collaboratori e clienti. La pandemia ha provocato una riduzione di domanda di capi d’abbigliamento da parte dei consumatori, che sono stati costretti a rimanere nelle proprie abitazioni e hanno potuto acquistare, ove possibile, solamente online.

Questo ha portato l’azienda ad acquistare quantità inferiori di materiale tessile, provocando una diseconomia di volume – e cioè un incremento del costo medio della fornitura. Un sovrapprezzo non solo a discapito del consumatore, dunque, ma anche della stessa azienda, che ha dovuto destreggiarsi per mesi tra perdite di guadagno importanti a più livelli, cercando di rimanere a galla.

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