A prima vista, la resilienza dell’economia mondiale appare rassicurante, scriveva recentemente il settimanale inglese The Economist. L’America ha registrato una crescita economica anche se la sua guerra commerciale con la Cina si è intensificata. La Germania ha resistito alla perdita delle forniture di gas russo senza subire un disastro economico. È andata in difficoltà e ora sembra lentamente riprendersi. La guerra in Medio Oriente non ha portato nessuno shock petrolifero.
Gli attacchi terroristici nella zona del canale di Suez non sembrano aver intaccato il flusso complessivo delle merci e le conseguenze negative della pandemia sui trasporti e sul commercio internazionale, pur ancora presenti, si stanno riassorbendo.
Una situazione apparentemente stabile o in leggero miglioramento nasconde tuttavia diverse fragilità. L’ordine economico mondiale che per decenni ha retto le sorti del mondo dopo la Seconda guerra mondiale mostra le corde e potrebbe condurre persino a quella che gli economisti considerano un’anarchia, laddove gli atti di forza e i conflitti vengono utilizzati dalle grandi potenze per regolare l’ordine mondiale stesso.
Ma non è solo una questione di conflitti. Le sanzioni soprattutto economiche vengono utilizzate in maniera più ampia negli ultimi due anni, anche se non sembrano affatto sortire i risultati annunciati. Accanto alle sanzioni si sviluppa una guerra commerciale basata sugli aiuti di Stato, soprattutto in Cina e negli Stati Uniti, in particolare per quanto concerne le tecnologie utili a effettuare la transizione ecologica, che persino l’Unione europea, con meno mezzi, è propensa a seguire.
Un segnale ulteriore di cambiamento dell’ordine economico mondiale è dato anche dalla perdita di credibilità delle istituzioni internazionali. L’Organizzazione mondiale del commercio compirà 30 anni nel 2025, ma è quasi paralizzata dal ridotto sostegno finanziario degli Stati Uniti. Anche il Fondo monetario internazionale è preso tra due fuochi: quello del rigore finanziario da un lato e quello del finanziamento della transizione ecologica dall’altro. Non sembra fare meglio il Consiglio di sicurezza dell’ONU, di cui fa parte temporaneamente la Svizzera, che è paralizzato non solo dal potere di veto delle nazioni vincitrici della Seconda guerra mondiale ma anche dall’acuirsi delle tensioni politiche e commerciali fra le nazioni dominanti. Non sembra passarsela tanto meglio neppure la Corte di giustizia internazionale, minacciata di sanzioni dal partito repubblicano americano a seguito dell’accusa di genocidio contro Israele avanzata dal Sudafrica.
Le incognite politiche delle prossime settimane e dei prossimi mesi potrebbero allungare questa fase di instabilità internazionale: la determinazione del nuovo assetto della commissione europea dopo le recenti elezioni, le elezioni americane a novembre, il perdurare delle tensioni fra Stati Uniti e Cina per il futuro di Taiwan e la continuazione della guerra fra Ucraina e Russia, sono fattori che pesano come macigni sull’assetto dell’ordine mondiale.
Rimpiangeremo probabilmente l’era della globalizzazione degli anni Novanta e Duemila con la quale centinaia di milioni di persone, dati alla mano, sono usciti dalla povertà nel mondo, mentre oggi il tasso di mortalità infantile è meno della metà di quello degli anni Novanta.
Quindi sì, l’economia mondiale non sembra andare poi così male, ma le incognite sono tali dal farci scivolare piano piano verso un ordine economico mondiale basato sull’instabilità.