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Il futuro è adesso: un droide per amico

   
AITI
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Un giorno, vicino o lontano, le tecnologie e i prodotti che vengono sviluppati nei più segreti centri di ricerca del pianeta saranno commercializzati ed entreranno anche nelle nostre case. Chissà, un giorno potremo essere teletrasportati virtualmente dall’altra parte del mondo e percepire la stretta di mano o l’abbraccio del nostro interlocutore pur trovandoci a migliaia di chilometri di distanza. Che si tratti di un’evoluzione positiva o negativa non spetta a noi stabilirlo bensì alla sensibilità di ciascuno che valuterà in base al proprio vissuto e alle proprie aspettative.


Scientific American, in collaborazione con il World Economic Forum, ha valutato le tecnologie emergenti maggiormente promettenti e le ha classificate in una top 10 sulla base di numerosi parametri. In questa Top 10 troviamo i robot che interagiscono fra di loro e con gli esseri umani.

Nell’industria, così come nella medicina, i robot fanno ormai da anni parte della quotidianità. Svolgono compiti pesanti che in passato dovevano essere eseguiti a mano, supportano i medici e i chirurghi nella propria attività e garantiscono una precisione superiore nelle operazioni rispetto a quella del più bravo chirurgo (che deve comunque guidare il robot nel suo operare). Questi non sono però esempi di robot sociali sviluppati appositamente per interagire con le persone anche sotto il profilo emozionale. E allora immaginiamo dei droidi sociali e la mente non può che condurci ad un esempio nato nel 1977: C-3PO, il goffo droide protocollare assemblato dal giovane Anakin Skywalker a partire da componenti di scarto. Il droide dorato, conosce più di sei milioni di forme di comunicazione; un’abilità estremamente utile ai suoi vari padroni nel corso della saga di Star Wars. Ma oltre a essere utile, pur risultando impacciato e logorroico, stabilisce con i suoi padroni – e con un altro droide – un legame affettivo importante che lo porta ad essere parte della famiglia.

Ebbene, proprio di questo stiamo parlando: siamo ormai giunti al punto di svolta. I robot sociali vengono progettati e sviluppati per essere in grado di svolgere numerose funzioni e interagire con i proprietari (amici?). Grazie all’intelligenza artificiale, a telecamere e sensori, saranno in grado di stabilire come elaborare al meglio le informazioni e come reagire ad esse. Ma reagire non significa esclusivamente rispondere in maniere sensata, bensì analizzare la voce, lo sguardo e le emozioni dell’interlocutore tramite algoritmi estremamente elaborati. Oltre a questo, i robot saranno in grado di imparare dai propri errori elaborando i feedback ricevuti.

Già oggi, una versione ibrida di questi robot viene utilizzata in tutto il mondo per i check-in in albergo, al servizio clienti degli aeroporti, presso fast food… Si chiama Pepper ed è un robot – venduto in 15'000 esemplari – in grado di riconoscere gli sguardi e le emozioni umane (anche se a livello base) nonché di sostenere una conversazione grazie ad uno schermo touch screen.

I possibili sviluppi sono molteplici: uno degli utilizzi più interessanti sembra essere nell’assistenza alla popolazione mondiale anziana. Per esempio, il robot terapeutico PARO, sviluppato in Giappone, è pensato per stimolare e ridurre lo stress nei pazienti affetti da Alzheimer. Mabu, un altro robot, ricorda ai pazienti di assumere i medicamenti e di chiamare la propria famiglia. Si tratta solo di alcuni esempi ancora molto rudimentali ma che in futuro potrebbero entrare a far parte delle nostre vite in maniera costante.

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