Quella che è sempre stata considerata il “polmone verde” della società, cioè la classe media, è sempre più investita da un declino inesorabile. Trascinata finanziariamente verso il basso per il fatto di essere confrontata a costi crescenti mentre non gode di aiuti e sostegno pubblici particolari (sussidi ad esempio). Il suo potere di acquisto si erode anno dopo anno. Ma si tratta pure di una crisi “esistenziale” perché stiamo parlando di persone e figure professionali che ricoprono funzioni magari intermedie, in parte le più a rischio di fronte ai cambiamenti tecnologici. Tecnici, impiegati, docenti, postini, commercianti, artigiani, ecc. ecc. Funzioni che nella società odierna sono investite dalla concorrenza delle tecnologie, oppure che hanno perso quello status di cui godevano in passato.
L’ascensore sociale-professionale ha permesso alla classe media di salire verso il benessere. Lo sviluppo della formazione e l’ottenimento di diplomi di studio e professionali ha permesso alle persone di vedersi premiate in termini di retribuzione, mansioni e ruoli in azienda. E’ cresciuto il potere d’acquisto in misura tale da permettere maggior consumo e magari l’acquisto di un’abitazione. Oggi tutto questo sembra non più costituire la realtà perlomeno nella società occidentale e sono già emerse le prime generazioni di giovani che guadagnano meno dei loro genitori.
Siamo confrontati a un tema più generale che non può essere confinato alla sola questione della retribuzione. Il trascinamento verso condizioni di difficoltà economica rende forse più evidente che il merito passa in secondo piano rispetto alle condizioni di partenza della persona. Se sei povero rischi di fare ancora più fatica di prima nel salire verso una classe sociale superiore, con tutte le mancate garanzie del caso. La povertà economica si incastra con la povertà educativa, dove le condizioni per conoscere il mondo sono scarse. Se non ho un computer, se non sono mai stato a una mostra, se non leggo libri e non mi informo, come posso pensare di evolvere?
La soluzione però non può stare nell’allargamento dell’ombrello sociale, nella società che distribuisce sussidi e aiuti a tutti. Oltretutto, chi finanzierebbe un simile Stato sociale considerando che almeno parte delle nuove generazioni non ha intenzione di lavorare ai ritmi di tanti loro genitori? Meglio sicuramente tornare a promuovere la riconoscibilità sociale della classe media, che passa inevitabilmente anche dall’irrobustimento del potere d’acquisto agendo anche sulla riduzione dei costi a carico delle persone e delle famiglie. Realisticamente, i salari non crescono più allo stesso modo dei costi, come ad esempio quelli legati alla salute e sanità. Bisogna dunque agire concretamente sui motivi che causano un aumento dei costi per consolidare un potere d’acquisto che permetta alle persone di farcela da soli. Anche lo Stato è chiamato a fare i compiti riducendo i propri costi di funzionamento in termini finanziari e burocratici.
I cambiamenti in atto nella società e nel lavoro ci devono spingere a riconsiderare il ruolo delle diverse classi sociali. Il concetto dell’aiuto ai più deboli va mantenuto, ma sicuramente si può lavorare maggiormente sul merito, sul rischio imprenditoriale, sul fare impresa in modo sostenibile pur mirando alla competitività.
Il declino della classe media è già presente, ma ciò non ci può indurre ad abbandonare il campo bensì a lottare in maniera intelligente per invertire la tendenza.