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Globalizzazione e insegnamenti della pandemia

   
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La crisi innescata dal coronavirus e il successivo parziale blocco delle attività economiche ha mostrato senza ombra di dubbio quanto l’industria ticinese sia parte integrante a pieno titolo della manifattura europea e mondiale. Durante il lockdown l’industria ha continuato a lavorare, seppure a regime ridotto, ma questo anche a causa del rallentamento della congiuntura internazionale, iniziato prima che la pandemia si manifestasse pure da noi. Perché si è lavorato? Sostanzialmente perché la catena produttiva internazionale non può essere interrotta. Per alcun motivo. Componenti essenziali di molti prodotti che utilizziamo in tutto il mondo sono fabbricati anche in Ticino: motori elettrici, turbine a gas, motori d’aereo, macchine utensili, orologi, prodotti farmaceutici e medicali, ecc.

Lavoro durante la pandemia

Affrettati commentatori si sono manifestati per fare il funerale alla globalizzazione, sognando e fors’anche auspicando l’autarchia, il protezionismo, la chiusura delle frontiere. La globalizzazione muterà pelle ma non scomparirà certamente da questa terra. Semmai si utilizzino la forza delle idee e il pensiero per correggerne le storture e per impostare una globalizzazione maggiormente sostenibile. Il cosiddetto mercato e con esso sia i consumatori sia i produttori, se ne sono già accorti, prima che lo facesse la politica. Ad esempio, l’accelerazione delle tecnologie fa sì che la Cina possa essere sempre meno il produttore centralizzato di molte componenti, dalla meccanica al settore farmaceutico. La stampa 3D (manifattura additiva) permette economie di scala che rendono finanziariamente sostenibile la produzione in Europa e a livello locale. Oltretutto la differenza dei costi di produzione fra Cina e mondo occidentale si sta assottigliando. La pandemia ha dunque spinto all’insù il ritorno dall’estero, per così dire, di determinate attività produttive, così come un aumento delle disponibilità a magazzino (materiale di produzione e scorte di prodotti finiti), ma questa tendenza era comunque già in atto.

I cambiamenti presenti e i cambiamenti invece indotti dalla pandemia necessitano di profonda riflessione e non saranno dunque senza conseguenze. La Svizzera è un paese con un mercato interno limitato, ma è soprattutto una nazione che vive di esportazione. Il possibile rallentamento della “globalizzazione produttiva” che effetti genererà sulla nostra economia?

Globalizazione post coronavirus

E poi. Dato che i consumi sono una funzione variabile del reddito disponibile, e cioè dato che la propensione a spendere così come a investire dipende in fondo dalle aspettative di ognuno di noi e delle aziende, come evolverà la situazione di fronte a deterioramento delle prospettive di crescita delle economie nazionali, almeno per un certo periodo? La risposta non può risiedere solo in un eccessiva espansione degli investimenti pubblici. D’altra parte, le differenze strutturali delle economie nazionali ci suggeriscono che grandi paesi come gli Stati Uniti e la Cina hanno un potenziale interno di assorbimento della produzione a livello dell’offerta locale, mentre questa non è certamente la situazione dei paesi più piccoli, fra cui la Svizzera. E allora sorgono perlomento due domande: la globalizzazione nella sua forma attuale lascerà il passo a una maggiore indipendenza e variabilità di comportamento delle economie nazionali? La Svizzera potrà continuare ad essere un paese d’esportazione?

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