Inudstry-concept

Fra il dire e il fare c’è di mezzo un ponte che si chiama incominciare

   
AITI
< Indietro

Le persone fanno i conti con il proprio subconscio, le aziende si confrontano con la loro cultura.

In genere facciamo ricorso al detto “fra il dire e il fare c’è di mezzo il mare” per descrivere una situazione di stallo, di incapacità nostra o altrui di avanzare verso una meta, un obiettivo, una nuova situazione che valutiamo migliore di quella che stiamo vivendo.

Per cambiare occorre agire, vincendo la paura di sbagliare. Per cambiare molto spesso occorre anche osare, abbandonando certezze, convenzioni e credenze, prendendosi il rischio di perdere momentaneamente la propria strada.

Con il termine Change management si definisce un approccio strutturato per indurre un cambiamento negli individui, nei gruppi e nelle organizzazioni. Un cambiare verso una nuova e desiderata condizione, considerata come migliore o necessaria. Non esattamente un cambiamento spontaneo insomma. Un cambiamento che solo a pensarci affatica la mente, che provoca una sensazione di fastidio.

Fra il dire e il fare c’è di mezzo un ponte che si chiama incominciare

Per questo il primo e fondamentale passo è così difficile da compiere.

Per questo capita quasi sempre di fermarsi alla prima dichiarazione di intenti, spesso accompagnata da un ingiustificato ottimismo, che ci fa credere che tutto sia possibile. Siamo a questo punto ancora da questa parte del mare, vediamo un bel ponte che ci sembra ampio e comodo da percorrere e ci diciamo euforici: “ma in fondo bastava solo alzare la testa.”

Poi si tratta di mettere i piedi sul ponte e affrontare le prime difficoltà che incontriamo sul percorso, quelle che ci pone davanti la realtà. Subito arrivano i dubbi e le domande: “sarà poi la scelta giusta?”, “magari c’era un’altra strada”. “potrei forse iniziare domani”, … Il tarlo è oramai attivo nelle nostre menti e a questo punto molti mollano.

Un subconscio specializzato a minare i ponti finisce nel creare frustrazioni negli individui che, per sopravvivere senza troppo dolore, oscillano perennemente tra l’euforia di un nuovo desiderio di cambiamento e la frustrazione data dall’inconcludenza.

Saper ascoltare, assecondare e perseguire con azioni concrete gli impulsi che la vita ci offre per evolvere è dunque una competenza che senza dubbio aiuta le persone a vivere meglio, più intensamente e con più gratificazioni.

Per le aziende e le organizzazioni il cambiamento viene spesso presentato come assoluta necessità per la sopravvivenza in un mercato in perenne evoluzione. In questo contesto la resistenza al cambiamento rappresenta un grave pericolo di ritardare o rallentare il processo, ostacolarne la sua realizzazione o aumentarne il costo.

Fra il dire e il fare c’è di mezzo un ponte che si chiama incominciare (2)

Se cambiare costa tanto ai singoli individui, figuriamoci a quanto può ammontare il conto quando a cambiare deve essere un gruppo, un’azienda, una società tutta intera. Le resistenze individuali in questo contesto si moltiplicano e si rafforzano, diventando resistenza collettiva, sistemica.

La resistenza al cambiamento può però essere uno strumento di feedback che, opportunamente valorizzato, può diventare prezioso per accompagnare in modo efficace il processo in azienda. Capire perché le persone resistono ai cambiamenti proposti. Perché credono che il nuovo non funzionerà? Comprendere chi sono gli oppositori più accesi verso il cambiamento porta spesso a scoprire che sono proprio le collaboratrici e i collaboratori più identificati che si preoccupano delle potenziali conseguenze del cambiamento sulla loro azienda.

Comunicare, ascoltare, coinvolgere, supportare, collaborare, le parole chiave.

Per tutti i cambiamenti che riguardano l’organizzazione del lavoro e il benessere organizzativo le imprese e del cantone Ticino hanno oggi un’opportunità da cogliere, grazie al programma Vita-Lavoro e alla piattaforma di servizi di welfare per le imprese AITI4Welfare.

Altri articoli del blog