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Formazione e industria: lo scenario 2050 e le sfide per il Ticino

   
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L’Ufficio federale di statistica (UST) ha recentemente pubblicato gli scenari del sistema di formazione 2023–2050, offrendo una visione di lungo periodo sull’evoluzione del livello formativo della popolazione svizzera. Secondo le previsioni, la percentuale di persone tra i 25 e i 64 anni in possesso di una formazione terziaria (universitaria o professionale superiore) passerà dal 42% nel 2020 al 55% entro il 2050. Questo cambiamento riflette una società in trasformazione, che richiederà sempre più competenze specialistiche e capacità di adattamento alle innovazioni tecnologiche e produttive.

Nel contesto industriale – e in particolare per una realtà come quella ticinese – queste prospettive rendono evidente l’importanza di monitorare con attenzione l’evoluzione delle competenze disponibili sul territorio. Non sarà sufficiente disporre di più persone con un titolo di studio terziario: sarà fondamentale garantire che tali competenze siano coerenti con le esigenze delle imprese, che vi sia una disponibilità effettiva di personale tecnico e operativo, e che si riesca ad attrarre e trattenere lavoratori qualificati anche in un contesto di cambiamenti demografici, culturali e di mobilità. Per riuscirci, sarà necessario agire su più fronti: rafforzare la formazione tecnica e professionale locale, promuovere percorsi attrattivi per giovani e donne, valorizzare il ruolo della forza lavoro frontaliera e migrante, e incentivare modelli di lavoro più flessibili, in linea con le aspettative delle nuove generazioni.

Un elemento positivo messo in luce dallo scenario è la crescita significativa della formazione terziaria tra le donne. Questa tendenza riduce progressivamente il divario di genere nel livello di istruzione e amplia il potenziale bacino di talenti per tutti i settori economici. Anche l’industria, tradizionalmente più maschile, può trarre beneficio da questo cambiamento: promuovere percorsi STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) per ragazze e donne adulte, e creare contesti lavorativi inclusivi, sarà fondamentale per sfruttare appieno questo capitale umano in espansione.

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Sebbene non sia ancora chiaro se la crescita della formazione terziaria interesserà maggiormente i percorsi accademici o quelli professionali, è evidente che entrambi i rami sono fondamentali per l’equilibrio del sistema. Da un lato, la ricerca e lo sviluppo richiedono competenze teoriche avanzate; dall’altro, la produzione e l’implementazione necessitano di tecnici specializzati e professionisti operativi. Riconoscere il valore di entrambi i percorsi sarà cruciale per rispondere in modo bilanciato alle esigenze del mercato del lavoro.

In Ticino, un’ulteriore variabile da tenere in considerazione è l’evoluzione della manodopera frontaliera. Negli ultimi mesi si osserva una diminuzione del numero di frontalieri, un fenomeno che potrebbe essere attribuito a diversi fattori: le nuove regole fiscali per i lavoratori transfrontalieri, la crescente capacità del mercato del lavoro italiano di assorbire competenze localmente a salari competitivi, ma anche un cambiamento culturale nelle nuove generazioni, che pongono maggiore attenzione al bilanciamento tra vita professionale e privata, alla qualità di vita e alla possibilità di operare in modalità flessibile o da remoto. Questa tendenza rappresenta una sfida concreta per le aziende ticinesi, che devono ripensare modelli organizzativi e strategie di attrattività.

Lo scenario dell’UST è un richiamo alla pianificazione strategica. Per il mondo industriale ticinese significa valorizzare ogni percorso formativo, rafforzare i ponti tra scuola e lavoro, promuovere la parità di genere nell'accesso alle competenze e riconoscere che il capitale umano – locale, femminile, migrante e frontaliero – è la risorsa più preziosa per affrontare le sfide del futuro.

 

 

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