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Euristiche, bias e l’eredità di Daniel Kahnemann, ovvero: perché i processi cognitivi (e decisionali) sono per la maggior parte inconsci

   
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Lo scorso mese, all’età di 90 anni, è morto lo psicologo comportamentale di origine israeliana Daniel Kahnemann. Le sue ricerche, sviluppate a partire dagli anni ’60 del secolo scorso, hanno avuto il merito di portare luce sugli aspetti irrazionali – in particolare: umani – che influenzano l’economia.

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Daniel Kahnemann non era un economista, ma è considerato uno dei fondatori della cosiddetta “finanza comportamentale”, le cui scoperte sono state divulgate con successo in Italia da Matteo Motterlini con la definizione di “economia emotiva”.

I lavori svolti da Daniel Kahnemann, in gran parte con la collaborazione del collega Amos Tverski (con il quale avrebbe condiviso il premio Nobel se quest’ultimo non fosse scomparso precedentemente), hanno evidenziato come, nel proprio processo decisionale, solo raramente le persone utilizzino le facoltà razionali superiori, privilegiando invece processi decisionali più rapidi, meccanici e per la gran parte inconsapevoli.

Si tratta delle cosiddette “euristiche”, ossia di scorciatoie mentali che non sono altro che meccanismi utili a “semplificare i calcoli”. Questi meccanismi hanno la caratteristica di aiutarci a compiere con rapidità la maggior parte delle decisioni e delle scelte durante le nostre vite, ma di condurci anche, in un gran numero di casi, a commettere errori cognitivi sistematici (bias), con conseguenze a volte anche gravi.

Per quanto riguarda l’economia, per esempio, Kahnemann constatò che, statisticamente, il dispiacere che un soggetto prova nel perdere una somma di denaro è maggiore (all’incirca doppio) rispetto al piacere per il guadagno della stessa somma. Unito alla tendenza naturale a trascurare le prospettive a lungo termine, per concentrarsi su quelle di breve periodo, rispetto alle quali può essere dominante la paura di subire perdite, questo bias spiega il motivo per cui il 99% delle persone non investe nel mercato borsistico.

Il cosiddetto status quo bias è invece conseguente al procedimento mentale automatico (euristica) che ci fa ritenere sicuro ciò che ci è familiare. In economia, questo si traduce nella tendenza a rimanere fedeli alla situazione in cui ci si trova, anche se essa non è quella razionalmente più vantaggiosa. In uno studio di Samuelson e Zeckhauser si verificarono atteggiamenti di propensione al rischio diversi tra investitori che ereditavano somme liquide oppure somme già investite in titoli caratterizzati da un basso livello di rischio. Laddove i primi dimostravano una propensione al rischio moderata o anche elevata, i secondi raramente si scostavano dal tipo di investimento predefinito, con un rischio basso.

Come scrive Motterlini, inoltre, “le persone tendono a essere avverse al rischio quando guadagnano e propense al rischio quando perdono. Se anche voi vendete i titoli in guadagno del vostro portafoglio troppo presto, e tenete quelli in perdita troppo a lungo, sapete di cosa si sta parlando”.

In sostanza, il percorso aperto da Kahnemann ha portato allo smascheramento dell’irrazionalità strutturale dell’uomo e del suo processo di presa di decisioni, sfidando le teorie economiche (e non solo) che ipotizzavano che l’uomo fosse perfettamente razionale. Se anche altri avevano maturato qualche dubbio su questa ipotesi, Kahnemann non si è limitato a confutarla, ma ha saputo illuminare per primo i percorsi della nostra irrazionalità, scoprendone le cause, i processi e le ragioni in modo scientifico.

Scrive lo psichiatra Mauro Maldonato: “meglio l'illusione della conoscenza e l'animo in pace, o i tormenti della complessità? Questo è il dilemma cui si trova davanti Neo, il personaggio interpretato da Keanu Reeves in Matrix. Prendere la pillola rossa e vivere nel mondo reale, con le sue sofferenze e complicazioni, oppure prendere la pillola blu e mantenere la comodità dell'illusione? Per qualcuno, la pillola blu è un'ancora di salvezza. Ma l'ancora di salvezza non sarebbe necessaria se l'equilibrio tra processi inconsci e coscienza non fosse sbilanciato a favore dei primi, e non producesse quell'illusione della conoscenza che ci mette la coscienza a posto."

Ecco, per la storia dell’economia, della psicologia, e forse anche della conoscenza umana in generale, Daniel Kahnemann è stato una splendida pillola rossa.

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