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Di padre in figlio, ancorati agli stessi valori

   
AITI
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Il passaggio generazionale alla guida della Ideal-Tek SA non ne ha modificato affatto il DNA. Pur avendo vissuto, negli ultimi quindici anni, una profonda ed inevitabile trasformazione tecnologico-organizzativa, l’azienda non ha infatti mai perso di vista i principi ispiratori dei suoi fondatori.

 

Classe 1973, laurea in economia presso l’Università di Friborgo, due figli: Gianmaria di 14 anni e Timoteo di 11. È questo, in pochi tratti, il profilo di Sandro Grisoni, CEO della Ideal-Tek SA: l’azienda co-fondata, nel 1964, da suo padre Franco e da Marco Grassi con il nome di Ideal Outils SA.

 

Sandro è indubbiamente uno dei giovani imprenditori ticinesi più vulcanici e brillanti in circolazione. Lo abbiamo incontrato in un soleggiato pomeriggio di febbraio e ci ha subito contagiato con il suo entusiasmo e la sua inesauribile progettualità. Dopo l’intervista, ha voluto accompagnarci a visitare la produzione, mettendo orgogliosamente in evidenza l’importante contributo che, ciascuno dei suoi 49 collaboratori, dona ogni giorno alla crescita e alla prosperità dell’azienda.

 

Ma com’è cambiata la Ideal-Tek dalla sua fondazione? Il suo core-business è sempre lo stesso oppure, in 57 anni di attività, l’azienda ha progressivamente cambiato pelle? Lo abbiamo chiesto direttamente a Sandro…

Nel corso degli anni ci sono stati dei profondi cambiamenti, com’è normale che sia!
Abbiamo iniziato l’attività producendo e vendendo pinzette di precisione. Oggi, oltre alle pinzette, produciamo anche altri utensili (sempre di precisione) e, in aggiunta, commercializziamo prodotti correlati di alta qualità. Il nostro obiettivo, insomma, è quello di offrire al mercato una soluzione completa. Naturalmente, anche il modello di business, i processi e l’organizzazione si sono dovuti giocoforza adeguare ai tempi. La gestione di un’organizzazione è da considerarsi come un progetto in continua evoluzione!

 

Ad inizio anno, purtroppo, tuo padre Franco è venuto a mancare a causa del Covid-19. Quali valori - umani ed imprenditoriali - ti ha saputo trasmettere?

Mio padre e il suo socio Marco Grassi erano imprenditori spinti da idee e valori chiari: persone autentiche che dichiaravano apertamente le loro intenzioni, ci credevano e agivano di conseguenza. I valori che ho ereditato da loro, e che perseguo quotidianamente, sono la tensione alla massima qualità del prodotto e del servizio, il rispetto delle persone che lavorano con noi e la tutela dell’ambiente in cui viviamo.

 Ideal-Tek SA

Da sinistra: Franco e Sandro Grisoni ai festeggiamenti per il 50° anniversario della Ideal-Tek SA

 

Quando hai preso in mano le redini dell’azienda, hai avvertito un senso di vertigine oppure avevi già le idee chiare sulla direzione da intraprendere?

Dopo aver rilevato l’azienda dalla mia famiglia, ho potuto contare sull’affiancamento di mio padre per un paio d’anni.

Successivamente, ho lavorato intensamente per costruire la necessaria fiducia intorno alla mia persona e al mio ruolo presso tutti gli stakeholder, affinché sostenessero le idee che hanno portato la Ideal-Tek ad essere quella che è oggi. Il mio ingresso in azienda, avvenuto nel 2001, ha coinciso con l’inizio di un periodo storico in cui l’innovazione tecnologica ha velocizzato l’operatività della struttura che, nei suoi precedenti 38 anni di vita, aveva maturato un sano equilibrio e che - proprio in quegli anni - abbiamo letteralmente scardinato.

 

Quanto è cambiata, l’azienda, sotto la tua guida? Sappiamo che la tua strategia di conduzione è fortemente ispirata dai principi della Corporate Social Responsibility…

Siamo un’azienda che basa la propria produzione su un mix di processi: tecnologici e artigianali. Le persone sono sempre state al centro delle nostre scelte e, di conseguenza, la responsabilità sociale è parte integrante del nostro DNA. Oggi disponiamo di maggiori risorse, pertanto stiamo spingendo e implementando iniziative di CSR evolute ed articolate: non solo a favore della comunità e del benessere dei nostri collaboratori ma anche dell’impronta ambientale della nostra azienda, che vogliamo sia il più possibile sostenibile.

 

La Ideal-Tek, come la stragrande maggioranza delle imprese industriali ticinesi, è un’azienda esportatrice: i vostri prodotti raggiungono attualmente ben 40 paesi. Quali sono, per voi, i mercati di riferimento più importanti?

Negli anni abbiamo diversificato il rischio paese e di segmento, spingendo gli sforzi commerciali e di marketing là dove volevamo crescere o rafforzare la nostra presenza. Innanzi tutto, ci siamo consolidati nel settore originario della nostra impresa, l’elettronica, per poi svilupparci - a partire dalla metà degli anni 2000 - fino a diventare un player di rilievo anche nei settori “life science” e “medical device”. Siamo inoltre riusciti a entrare in mercati maturi come quello dell’orologeria. Per quanto riguarda l’espansione, posso dirvi che il Nord America e l’Asia rappresentano dei mercati in cui operiamo con successo e nei quali puntiamo a crescere ulteriormente: nel corto e nel medio termine.

 

Come si conquista un nuovo mercato? Qual è, insomma, l’iter da seguire quando si vuole approcciare un nuovo Paese target?

Conquistare nuovi clienti e nuovi mercati è sempre stata una delle attività più interessanti del mio lavoro. Le logiche per sviluppare un nuovo mercato, o un nuovo segmento, sono simili. Dapprima lanciamo uno studio di mercato articolato con lo scopo di individuare le opportunità commerciali, i costi di sviluppo e i potenziali benefici nel medio termine. Il nostro network globale, le fiere e la capacità di valutare la forza della concorrenza ci aiutano a stimare le metriche più virtuose per tale approccio. È assolutamente necessario avere una “value proposition” forte e coerente, capire bene i bisogni e il valore che i clienti target possono recepire. Successivamente, adeguiamo l’organizzazione e la comunicazione per servire al meglio il mercato.

 

In un contesto globalizzato, il marchio “Swiss Made” rappresenta ancora un elemento di eccellenza e distinzione?

Essere un’azienda Swiss Made costituisce una sfida che va ben oltre l’enunciazione attraverso un logo o una bandiera. Fare impresa in ottemperanza alla Swissness, richiede il rispetto di una normativa stringente. Il vantaggio che ne deriva è però formidabile. Lo Swiss Made apposto sui nostri prodotti, li qualifica positivamente sia nella mente dei nostri consumatori, sia lungo tutta la Supply Chain. Possedere un DNA di azienda svizzera, è un fattore competitivo importante. Globalmente, lo Swiss Made viene apprezzato principalmente per le sue caratteristiche di identità e affidabilità: dalla performance di prodotto a un vero e proprio “country brand” a beneficio dell’impresa. Il label Swiss Made genera nel consumatore aspettative qualitative e di prezzo elevate che, in alcuni settori estremamente “price sensitive”, possono rappresentare una barriera all’ingresso; laddove, invece, la qualità non è un’opzione, come nel settore dell’alta precisione, ci pone in una posizione di vantaggio sui concorrenti.

 

Quanto è difficile rimanere competitivi e concorrenziali sul mercato globale, producendo in Svizzera, a costi svizzeri?

La sfida è quella di riuscire a mantenere il nostro vantaggio competitivo senza mai smettere di chiederci per quanto tempo e in quale misura lo manterremo. Non ho ricette segrete o formule magiche a riguardo. Cerchiamo di abbattere, per quanto possiamo, qualsiasi attività a basso valore aggiunto e di potenziare quelle che generano maggior valore. I processi che abbiamo attivato sono stati la digitalizzazione e l’innovazione nel senso più puro del termine. Il percorso di metamorfosi culturale dell’azienda, intrapreso per superare lo “status quo” in nome di un rinnovamento radicale e continuo di quello che facciamo e di come lo facciamo, ha interessato tutti i reparti. A noi piace pensare alla Ideal-Tek come ad un organismo vivo, che evolve, si adatta e si trasforma, seguendo le costanti mutazioni della catena del valore alla quale è legata.

AITI - Di padre in figlio

A proposito di innovazione, avete avviato delle proficue collaborazioni con degli istituti accademici… Ce ne puoi parlare?

Certo! Da più di vent’anni collaboriamo in maniera regolare con la SUPSI, con la quale abbiamo lanciato progetti di R&D e avuto il piacere di ospitare ben sette tesisti. Questa collaborazione, continua nel tempo, ci ha permesso di instaurare un rapporto dare/avere particolarmente proficuo per entrambe le parti, nonché di colmare l’enorme onere di conoscenze necessario per interagire con aziende operanti in 40 paesi diversi. Ritorniamo alla SUPSI, una piattaforma in cui esprimere l’approccio alla formazione pratica caratteristico dell’Istituto. Con SUPSI, stiamo lavorando sul progetto di digitalizzazione e innovazione “KITT4SME”, finanziato da un bando europeo che ha messo in rete SUPSI (come project leader), Ideal-Tek e altre PMI ed istituti di ricerca in 9 paesi.

 

Molti imprenditori ticinesi lamentano un progressivo depauperamento delle condizioni quadro offerte dal nostro territorio, temono che si vada verso un progressivo processo di de-industrializzazione… Condividi questi timori?

Il Ticino ha il vantaggio strutturale di essere un territorio piccolo ed una (almeno sulla carta) formidabile piattaforma per favorire investimenti in un contesto di bassa rischiosità del sistema e di potenziale agilità, per aziende supportate da istituzioni che funzionano. Il rilancio del territorio è possibile attraverso un’azione comune. Essa dovrebbe coinvolgere, sinergicamente, il sistema formativo, quello finanziario, le imprese e le istituzioni. La messa a sistema di queste eccellenze potrebbe generare un movimento potentissimo che, in questo momento, non ha ancora trovato una sintesi virtuosa.

 

Ce l’avresti una tua personale ricetta per il rilancio economico del nostro Cantone, anche alla luce delle ulteriori difficoltà causate dal Covid-19?

Il Covid-19 ha stressato tutto e tutti. Il sistema Paese ha funzionato bene. Come imprenditore ticinese sono orgoglioso di come i vari uffici - a livello cantonale e federale - hanno risposto a questo evento eccezionale. La crisi è stata affrontata con una strategia chiara e un’organizzazione agile e forte. In tempi brevi ci siamo adattati alle condizioni di mercato che si sono palesate.

A livello cantonale, dovremmo implementare una maggiore cultura al rischio che possa stimolare importanti investimenti privati, confortati da un territorio pregno di know-how e ottime maestranze e da istituzioni che funzionano. Come dicevo prima, la politica, l’economia e i sistemi finanziario e formativo dovrebbero ritornare a parlare la stessa lingua.

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