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Coronavirus… e poi?

   
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Anche la nostra Confederazione si sta preparando a un ritorno alla normalità. Fino a ora ci siamo interrogati sul nostro presente, abbiamo cambiato le nostre abitudini e la nostra routine, ci siamo preoccupati per i nostri cari, abbiamo concordato o meno con le decisioni del Consiglio di Stato. Il posto di lavoro si è avvicinato grazie all’home working, la scrivania è diventata l’ufficio, le riunioni sono diventate video call. Le piccole e medie imprese hanno dovuto reinventarsi, cambiare le modalità lavorative dei propri dipendenti e, a fatica, stare a galla.

impiegati lavorano indossando una mascherina e rispettando i 2 metri di distanza sociale

Tuttavia, il lockdown ha le ore contate, anche se la lenta riapertura avverrà in maniera graduale e controllata. Un’emergenza sanitaria di rilevanza mondiale che ha colpito così duramente gli indipendenti, le aziende, il sistema sanitario, le industrie, non può certamente essere cancellata con la fine dell’isolamento obbligato e, anche se spesso ci si appella al necessario e urgente riavvio dell’economia, non bisogna di certo forzare le cose. La nostra premura per il prossimo futuro dovrà essere quella di riflettere sul lavoro “post Covid-19”, quasi come se iniziasse una nuova era in campo professionale e aziendale. Dovremo indossare le mascherine e i guanti e fare dei disinfettanti i nostri alleati? E per quanto tempo si protrarrà questa situazione? Lavoreremo ancora in modalità smart working o faremo turni in ufficio? Il mercato del lavoro sarà mutato rispetto a prima del nuovo coronavirus? Le aziende riusciranno a garantire la necessaria sicurezza ai dipendenti e agli stakeholders?

Il riemergere delle attività economiche sarà un difficoltoso annaspamento e i dirigenti aziendali prevedono che non si potrà tornare totalmente alla normalità fino a quando non arriverà sul mercato un vaccino efficace, stimato ad almeno un anno di distanza. La salute dei dipendenti potrà essere monitorata, per esempio, attraverso scan della temperatura corporea e alcune aziende con uffici open space dovranno organizzare gruppi di impiegati alternati in ufficio, così da garantire la distanza sociale e continuare dunque a incoraggiare il telelavoro almeno per alcuni giorni a settimana. Le stesse imprese potrebbero pensare a un sistema di tracciamento del virus, indicando eventuali contagi all’interno dei propri uffici così da evitare una sua propagazione. Anche e soprattutto gli spazi comuni, come quelli destinati alle riunioni o alle pause, dovrebbero essere ripensate in termini di possibili luoghi pericolosi, causa di aggregazioni e assembramenti: turni e meno personale contemporaneamente all’interno degli spazi, diminuzione delle riunioni o possibili solo via Skype for business, Zoom e simili, continua e scrupolosa disinfezione delle superfici, eccetera.

Colleghi evitano di stringersi la mano per rispetto alle linee guida anti-coronavirus

Anche le mense private potrebbero essere un problema e si dovrebbero organizzare dei turni, invitando i collaboratori a mangiare in solitaria o portarsi il pranzo da casa. Forse, più semplice per le multinazionali, ma una sfida per le PMI del nostro Cantone.

Bisognerà dunque trovare nuove modalità organizzative – spazi, orari, modulazioni – e adottare (o mantenere) le tecnologie utili per evitare assembramenti e contagi, come il lavoro in remoto che ci ha garantito in queste settimane una continuità lavorativa. Che il futuro sia già il presente?

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