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Coltivare la propria Digital Reputation

   
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Il social recruiting è realtà da parecchi anni: attraverso piattaforme e social network, le aziende cercano i candidati ideali e viceversa.

Lo scorso novembre Adecco, in collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha condotto la quinta edizione del Work Trends Study, indagine che ha coinvolto 259 recruiter e 1466 candidati, mettendo in evidenza l’evoluzione del mondo delle risorse umane e del modo in cui si cerca e si offre lavoro online. Il macrotrend è quello della ricerca di figure professionali online che, rispetto a quella offline, richiede meno investimenti economici e meno tempo.

AITI - Social Recruiting

In larga misura la ricerca avviene su LinkedIn (70,6%), poi su Facebook (28,4%) e su Instagram (16,7%) – che ha addirittura sorpassato Twitter. Negli ultimi anni, la necessaria presenza online è stata ben recepita dai candidati: infatti, oltre il 26% inserisce direttamente nel proprio Curriculum Vitae il rimando al profilo LinkedIn e alcuni anche a Facebook (7,1%). Dal punto di vista dei recruiter, i social network sono fondamentali per valutare alcuni aspetti del candidato: la maggior parte li utilizza per verificare le informazioni del CV (72%) e scoprire nuovi tratti della personalità del concorrente (48,1%) che, dal semplice curriculum, sarebbero difficilmente individuabili o non del tutto chiari.

Tuttavia, questo spostamento dall’offline all’online ha causato anche un cambiamento nell’atteggiamento stesso del candidato, che è chiamato a crearsi una vera e propria digital reputation e un personal branding, cioè un insieme di contenuti online in grado di fornire un’immagine sincera e positiva di se stesso. Il 46,8% degli HR ritiene che sia abbastanza importante nel processo di selezione, mentre per il 24,8% è molto importante: infatti, quasi il 50% verifica i contenuti pubblicati dal candidato, mentre il 40% verifica la cosiddetta web reputation.

Dati che potrebbero apparire scontati e poco rilevanti, ma che in realtà possono condizionare negativamente il percorso professionale: basti pensare che il 44,1% dei recruiter ha dichiarato di aver escluso un candidato dal processo di selezione dopo aver visualizzato i suoi profili social, spesso a causa di pubblicazione di foto sconvenienti e individuazione di tratti di personalità non coerenti con la posizione richiesta, informazioni fasulle o alterate rispetto al Curriculum Vitae, contenuti discriminatori, commenti negativi sui datori di lavoro e profili trascurati e poco aggiornati. Anche durante il colloquio di selezione, il 38,7% degli HR indaga la presenza sui social media del candidato, ponendogli domande dirette e precise e verificando la sua sincerità.

AITI - profili social per recruitment

Tuttavia, permangono alcuni dubbi da parte dei futuri dipendenti sulla coerenza tra la loro identità e quello che mostrano sui social: il 55% dichiara che se una persona dovesse basarsi esclusivamente sui canali digitali non potrebbe farsi un’idea completa e corretta di lui/lei, mentre il 45% ritiene che la sua immagine online rispecchi la sua identità nella vita reale. Adecco suggerisce cinque semplici passi per migliorare la propria Digital Reputation:

  • Avere profili sempre aggiornati;
  • avere foto profilo professionali, adatte al contesto;
  • controllare la propria attività sul web;
  • separare gli account dei social destinati a un uso non professionale;
  • seguire i profili delle aziende del proprio interesse.

Meglio, dunque, curare la propria reputazione… anche online!

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