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Chi lavora se i Boomers vanno in pensione?

   
AITI
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Sono coloro che sono nati fra il 1946 e il 1964 e sono ancora la categoria dominante sul mercato del lavoro svizzero, li chiamano baby boomers. Nel 1995 rappresentavano addirittura il 46% della popolazione attiva in Svizzera.

Lo studio sulla previdenza 2020 di Credit Suisse calcola che, complessivamente, fra il 2020 e il 2029 circa 1,1 milioni di lavoratrici e lavoratori avranno raggiunto l’età della pensione.

A partire dal 2023 il gruppo dei giovani di meno di 25 anni che entreranno nel mondo del lavoro sarà meno numeroso del gruppo di nuovi pensionati. Un gap destinato ad allargarsi a dismisura aggravando la già attualmente preoccupante carenza di manodopera specializzata sul mercato del lavoro.

Davvero piena di sorprese la vita, occorre proprio dirlo. La penuria di manodopera potrebbe cambiare la prospettiva di fasce di popolazione che il mercato non ha mai molto considerato, soprattutto vedendo la crescente spinta protezionistica crescente in Svizzera e nel mondo, che preme per dare priorità alla forza lavoro residente rispetto a quella proveniente dall’estero.

Chi lavora se i Boomers vanno in pensione

Di chi stiamo parlando?

  • dei pensionati. Fino a pochi anni fa avere più di cinquant’anni sul mercato del lavoro poteva essere considerato uno svantaggio, in futuro la situazione ha buone possibilità di essere completamente diversa. Addirittura, c’è chi sta pensando ad incentivi per convincere le persone alle soglie del pensionamento a rimanere attive
  • dei sottoccupati. Altro bacino di potenziale forza lavoro è rappresentato dalla categoria dei “sottoccupati” ai sensi dell’ILO. Nel 2020 in Svizzera se ne contavano 372'000, corrispondenti a 121'000 posti di lavoro a tempo pieno (Fonte: Ufficio federale di statistica)
  • dei disoccupati. Nel 2020 in Svizzera 238'000 persone erano considerate disoccupate ai sensi dell’ILO, corrispondenti a 195'000 posti di lavoro a tempo pieno (Fonte: Ufficio federale di statistica)
  • dei non immediatamente disponibili. Coloro cioè che sono alla ricerca di un lavoro ma non sono ancora disponibili (perché impegnati in compiti famigliari, formazioni o altro). Nel 2020 si stimavano in Svizzera 257'000 persone in questa categoria (Fonte: Ufficio federale di statistica)
  • dei richiedenti l’asilo e dei rifugiati. Coloro cioè che sono stati ammessi con diritto di asilo (permesso B) e beneficiano di prestazioni dell’aiuto sociale e coloro che si trovano a carico della Confederazione ammessi provvisoriamente (permesso F). Stiamo qui parlando di circa 54’000 persone (dati 2021) delle quali quasi 37'000 potenzialmente attive (Fonte: Ufficio federale di statistica).

 

Complice il generale miglioramento delle prospettive economiche, si è registrato nel 2021 un aumento impressionante (+27%) dell’indice svizzero della carenza di personale, indicatore che Adecco pubblica ogni anno in collaborazione con il Servizio di monitoraggio del mercato del lavoro svizzero (SMM), dell’Istituto di Sociologia dell’Università di Zurigo.

 

Insomma, non si tratta più di previsioni basate su scenari ipotetici ma di una certezza: ben presto ci sarà sul mercato del lavoro una situazione di grande concorrenza fra le organizzazioni, non solo per strapparsi i lavoratori migliori, ma addirittura per trovare qualcuno che occupi le posizioni vacanti.

Chi lavora se i Boomers vanno in pensione_2

Dunque, che si fa?

 

Mica semplice affrontare un simile scenario, ma una cosa è certa: le imprese del nostro cantone hanno davanti a loro un’altra sfida impegnativa da affrontare.

Al netto delle decisioni politiche sulla circolazione delle persone e sull’immigrazione; considerando i più che probabili miglioramenti delle condizioni di lavoro sui mercati dai quali proviene oggi gran parte della forza lavoro del cantone Ticino, le imprese e le organizzazioni hanno tutto l’interesse a diventare più attrattive per quel grosso potenziale di forza lavoro che è ancora disponibile sul territorio.

 

Qualche idea per migliorare la propria “forza attrattiva” nei confronti di potenziali candidati (Employer branding)?

  1. Elaborare una strategia iniziando dalla definizione del proprio target (cioè il profilo delle persone che voglio attrarre)
  2. Analizzare il “prodotto” ed eventualmente migliorarlo agli occhi del target definito in termini di: condizioni di lavoro, retribuzione, benefit, flessibilità organizzativa, attenzione alle persone e alla diversità, salubrità e gradevolezza degli spazi di lavoro, ecc. Non con lo scopo di essere necessariamente i migliori dal punto di vista occupazionale, ma come somma di qualità proprie all’azienda che partecipano a raccontare il brand aziendale, aumentandone così il valore
  3. Comunicare, comunicare e comunicare. Studiato il linguaggio dei nostri interlocutori occorre mettere in atto un vero e proprio piano di comunicazione del nostro brand come luogo di lavoro: stimolante, gratificante, innovativo, in evoluzione, con dei valori definiti, ecc.

 

Sembra forse complicato e magari anche un compito che non possa riguardare le oltre 36'000 micro aziende (<10 dipendenti) iscritte al Registro di Commercio del Cantone Ticino, ma non è così.

 

  • capire chi sto cercando
  • descrivere ciò che ho da offrire
  • comunicarlo in modo efficace

 

In fondo è solo questo: il punto è che se ciò che ho da offrire non incontra i bisogni di chi cerco di attrarre rischio seriamente di compromettere la mia crescita o addirittura di mettere a repentaglio la mia stessa esistenza.

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