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Lo spettro della de-industrializzazione

   
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In attesa di lasciarsi alle spalle questo difficilissimo 2020, la Direzione della Chiser SA guarda con preoccupazione ai primi mesi del 2021. Il timore è che il Ticino possa imboccare la strada di una progressiva de-industrializzazione a danno delle piccole imprese terziste che devono misurarsi con una concorrenza sempre più difficile da superare.

 

Nella Zona Industriale di Bironico, sorge la Chiser SA: operosa officina meccanica di precisione fondata, agli inizi degli anni ‘90, da Lorenzo Canello. Nata come Sagl, nel 2007 è diventata società anonima e oggi è tuttora guidata da Lorenzo, coadiuvato dal giovane Ivo Roy (che si occupa della parte tecnica) e dalla ex moglie Rita che cura l’amministrazione.

 Lo spettro della de-industrializzazione-Intervista-a-Lorenzo-CanelloDa sinistra: il fondatore Lorenzo Canello e Ivo Roy

 

Abbiamo visitato la Chiser in una fredda mattinata di metà dicembre. Davanti a un caffè fumante, Lorenzo ha voluto condividere con noi le tante difficoltà contro le quali deve combattere ogni giorno per mandare avanti l’azienda che ha creato e che ama come una figlia.

 

Lorenzo, innanzitutto, quali sono i vostri prodotti di punta?

Non abbiamo un vero e proprio prodotto di punta in quanto - lavorando per conto terzi - produciamo quello che ci commissionano le aziende che forniamo, per la maggior parte componentistica. Su specifica richiesta, facciamo anche assemblaggio: infatti, per alcuni nostri clienti, montiamo delle macchine.

 

Chiser SA fornisce diverse aziende del Canton Ticino ma non solo, giusto?

Sì, in effetti la quasi totalità dei nostri clienti è basata in Ticino. Prima della crisi, avevamo iniziato a muoverci sul mercato d’oltre Gottardo e, devo dire, qualche cliente siamo riusciti a portarlo a casa. Poi, purtroppo, da marzo si è fermato tutto.

 

Qual è il profilo dei vostri clienti?

Le nostre aziende-clienti producono macchine industriali per i seguenti settori: alimentare, automotive e farmaceutico. Tutte loro, acquistano ormai la maggior parte delle componenti meccaniche all’estero. Quando però hanno dei problemi, manca qualcosa o ci sono delle esigenze last minute da soddisfare, allora si rivolgono a noi. Insomma, siamo in balia del mercato!
Producendo in Svizzera, sul piano dei prezzi siamo battuti in partenza. Sul piano della qualità e dei termini di consegna, invece, siamo più che concorrenziali. Per questo motivo, nei momenti critici, i clienti si rivolgono a noi: perché siamo in grado di garantire loro la fornitura!

 

Durante il lockdown - grazie al fatto che eravate fornitori di industrie appartenenti alle filiere autorizzate a lavorare (filiera agro-alimentare e filiera chimico-farmaceutica) - avete potuto continuare anche voi ad operare, seppure limitatamente alla fornitura di quelle specifiche aziende…

Indubbiamente essere rimasti aperti e aver potuto continuare a lavorare, seppure a regime ridotto, ci ha consentito di non andare a zero e di affrontare meglio la crisi. Grazie alle autorizzazioni, siamo infatti riusciti a incamerare almeno il 50% del fatturato pre-Covid e ad attutire il colpo. Inoltre, i nostri collaboratori hanno potuto rimanere parzialmente attivi, aspetto molto importante per il morale delle persone.

 

Dopo il lockdown, c’è stato un graduale ritorno alla normalità oppure la situazione permane critica?

Purtroppo, la situazione è tutt’ora molto critica; a onor del vero, non solo a causa del coronavirus. Un calo di lavoro lo avevamo già registrato a metà del 2019 a causa del ristagno che interessava alcuni settori dell’industria, in particolare l’automotive e tutto l’indotto che gli ruota attorno.

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È difficile competere con i Paesi in cui il costo della manodopera è molto più basso e possono quindi praticare prezzi inferiori ai vostri?

Purtroppo sì! Per noi rimanere concorrenziali è una sfida davvero ardua… La caccia a una riduzione sempre più esasperata dei prezzi (spesso a discapito della qualità) sta penalizzando fortemente le piccole aziende svizzere come la nostra che, pur continuando a garantire standard qualitativi elevati, faticano a competere con i concorrenti low cost. Questa situazione andrebbe a mio avviso monitorata con estrema attenzione da chi ci governa: temo infatti che, alla lunga, possa verificarsi un progressivo depauperamento del comparto industriale ticinese e, più in generale, svizzero.

 

Quali sono le prospettive per il 2021? Siete preoccupati?

Se non ci sarà (come temo) una ripresa incisiva, e l’erogazione delle indennità di lavoro ridotto termineranno effettivamente nei primi mesi del 2021, potremmo arrivare a dover ridurre il personale. Quindi, non glielo nascondo, siamo davvero molto preoccupati. Per quanto riguarda i buoni propositi per il nuovo anno, nonostante il periodo non sia affatto propizio, cercheremo comunque di fare il possibile per acquisire nuovi clienti, in modo da ampliare e diversificare il portafoglio. Basarsi su pochi clienti, oggi, è troppo rischioso!

 

Per superare la crisi in atto, quali misure dovrebbero essere attuate?

A livello politico, bisognerebbe mettere in atto una strategia che spinga le grandi imprese basate in Ticino a far capo a fornitori locali come la Chiser. In poche parole, andrebbe favorito un accorciamento della Supply Chain. Una misura di questo tipo comporterebbe diversi vantaggi: valorizzerebbe il nostro tessuto industriale, invoglierebbe i giovani ad intraprendere un apprendistato nell’industria, renderebbe più attrattive le carriere nelle imprese manifatturiere, garantendo il mantenimento/la creazione di posti di lavoro. Dubito, però, che si arriverà a promuovere una politica di questo tipo quindi mi chiedo: fino a quando, in Ticino, ci sarà ancora posto per un’azienda come la nostra?

 

Fare impresa in Ticino è ancora conveniente oppure il nostro Cantone sta perdendo attrattività?

Diciamo che, qualche anno fa, c’era più lavoro e i margini di guadagno erano superiori; di conseguenza, i costi fissi a carico dell’azienda (stipendi, affitto, utenze) pesavano meno. Oggi, a causa di marginalità sempre più risicate, facciamo più fatica a sostenere le spese…

Dal punto di vista degli incentivi pubblici, ci sono state aziende che ne hanno beneficiato e che poi, a distanza di tempo, hanno lasciato il Ticino o, addirittura, hanno chiuso i battenti. Forse sarebbe opportuno verificare meglio il profilo delle aziende prima di sostenerle finanziariamente. Inoltre, alle imprese che ottengono dei finanziamenti pubblici, il Cantone dovrebbe chiedere di fare il possibile per assumere personale residente (o comunque disposto a trasferirsi qui) e, cosa ancora più importante, continuare a monitorare l’azienda nel tempo.

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